Home GIURISPRUDENZA Accertamento studi di settore: legittimo se l'Ufficio fornisce ragioni logiche.

Accertamento studi di settore: legittimo se l'Ufficio fornisce ragioni logiche.

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#pinomerola

L’accertamento da studi di settore è legittimo quando avvalorato da un buon ragionamento fornito dall’Ufficio.

Ciò anche se ” lo scostamento da studi di settore ” è una mera presunzione semplice.

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate contestava al contribuente che “l’esiguità del reddito dichiarato” non era neanche sufficiente per il sostentamento della propria famiglia;  in assenza di ulteriori redditi.

E’ considerato legittimo l’accertamento basato sugli studi di settore, quando l’Ufficio dimostra l’applicabilità – al caso concreto – delle risultanze di gerico, relative all’attività del contribuente,  contestandogli in sede di contradditorio “una ricostruzione logica condivisibile“.

La fase preventiva del contradditorio, precedente al ricorso, può fornire “elementi importanti” che possono essere oggetto di successiva valutazione del giudice in sede contenziosa.

Questa in sintesi la sentenza della Cassazione  n. 14492 del 7 giugno 2013 che ha considerato legittimo l’accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate in base agli studi di settore.

La fattispecie si riferiva ad un avviso di accertamento, elevato nei confronti del contribuente, per recupero a tassazione,  di maggiore imponibile calcolato sullo scostamento tra i ricavi attesi da gerico e quelli realmente dichiarati.

L’accertamento, prontamente impugnato dal contribuente, era stato annullato sia in CTP che in CTR.

L’Agenzia delle Entrate proponeva però  ricorso per cassazione, eccependo tre motivi contro le due sentenze precedenti, tra cui:

  • “il vizio di una motivazione sufficiente non fornita dalla sentenza su un punto fondamentale della controversia”.

L’Ufficio contestava il giudizio di merito, in quanto aveva ritenuto sufficienti le motivazioni del contribuente in merito all’onere della prova, senza indicare idoneo motivo di tale convincimento, ed ignorando invece completamente gli elementi forniti dall’Ufficio, a supporto dello scostamento da studi, che davano valore alla rettifica, come la sproporzione tra reddito dichiarato e le esigenze di vita della famiglia del contribuente.

Condividendo i motivi esposti dall’Agenzia delle Entrate, la Corte di cassazione ha deciso per l’accoglimento del ricorso cassando con rinvio la sentenza impugnata.

La sentenza della Cassazione.

Gli ermellini in merito alla valenza degli avvisi di accertamento basati sull’applicazione degli studi di settore, hanno offerto interessanti spunti e principi, già espressi in precedenti pronuncie tra le quali la sentenza n. 26635 del 2009.

L’accertamento emesso in base allo scostamento tra reddito dichiarato e reddito atteso dagli studi di settore, è considerato presunzione semplice, in ossequio all’articolo 2729 del codice civile che recita “Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice , il quale non deve ammettere che presunzioni gravi” e quindi le fattispecie non stabilite dalla legge sono rimesse alla valutazione del giudice di merito (cfr Corte costituzionale, sentenza n. 105/2003).

Gli studi di settore rappresentano esclusivamente degli indicatori di una possibile anomalia fiscale: i requisiti di gravità, precisione e concordanza di tali presunzioni non sono determinati ex lege dal semplice scostamento del reddito dichiarato rispetto a quello rideterminato da gerico.

La Corte evidenzia ancora una volta come sia necessario il contradditorio endoprocedimentale, quale elemento determinante per adeguare alla realtà economica del singolo contribuente la mera ipotesi di evasione rilevata dello studio di settore.

In sede di contradditorio il contribuente ha “l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame”.

Mentre è obbligo dell’Ufficio motivare con adeguatezza l’avviso di accertamento basato sugli studi di settore, evitando l’automatismo dell’accertamento in base allo scostamento, ed essendo obbligato ad integrare la motivazione dell’atto “con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto”, evidenziando le ragioni per cui sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

Il giudice tributario potrà liberamente valutare tanto gli elementi riscontrati dall’Agenzia quanto la controprova proposta dal contribuente.

Nel caso di specie , i giudici hanno riconosciuto che  l’Agenzia delle Entrate ha  rispettato  tutte le prescrizioni di legge, a conferma delle risultanze indiziarie dell’indagine ricostruttiva standardizzata.

A parere della Corte Suprema l’avviso di accertamento impugnato risultava adeguatamente fondato su precisi e gravi dati circostanti, ignorati dai giudici di merito; il più importante dei quali è per l’appunto la constatazione dell’esiguità del reddito dichiarato dal contribuente, il cui ammontare era incapiente addirittura per consentire di far fronte alle esigenze di vita della propria famiglia.

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