Sanzioni omessa dichiarazione: inapplicabilità.

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Il contribuente  per ottenere « la disapplicazione delle sanzioni» per omessa dichiarazione deve po farne espressa richiesta, non potrà pretenderne l’inapplicabilità d’ufficio.

Le commissioni tributarie, infatti, non sono deputate a disporre l’inapplicabilità delle sanzioni appurandone «d’ufficio» l’infondatezza ─ nei casi di omessa dichiarazione dei redditi.  Anche se ve sono gli estremi.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 22524/2013, condizione per la disapplicazione delle sanzioni per omessa dichiarazione è l’istanza del contribuente.

L’Amministrazione nella fattispecie di causa, contestava al contribuente la violazione dell’art. 112 del C.P.C.  in quanto il giudice di merito aveva disposto l’inapplicabilità delle sanzioni ex  art. 6 del DLgs n° 472/1997,  in assenza di una istanza di parte.

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

In tal senso i giudici togati affermavano “quale che sia la causa di non punibilità – non esplicitamente indicata in sentenza – che il giudice ha ritenuto nella specie sussistente, tra quelle previste nella norma citata, deve escludersi che il giudice tributario possa rilevare d’ufficio l’esistenza di una esimente dalla sanzioni per omessa dichiarazione in mancanza di una domanda del contribuente, il quale ha anche l’onere di dimostrare la ricorrenza, nella fattispecie concreta, dei relativi presupposti di disapplicazione delle sanzioni” (cfr Cassazione, sentenze 22890/2006,22197/2004 e 14476/2003).

E’ onere del contribuente quindi dimostrare l’esistenza di condizioni di incertezza che riguardano l’applicazione delle norme tributarie che giustificano la disapplicazione delle sanzioni per omessa dichiarazione.

I giudici dovranno ritenere le argomentazioni del contribuente inconferenti quando questi non provi la sussistenza di motivazioni congrue a giustificare l’omessa dichiarazione e l’inapplicabilità delle sanzioni.

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