I Giudici di merito hanno chiarito ovviamente che l’onere della prova spetta al contribuente, ovvero sarà il contribuente a dover dimostrare che il beneficiario della rinuncia al credito era un cliente di importanza fondamentale e che il diniego di tale “sconto commerciale” avrebbe arrecato grave danno alla vita economica aziendale.
La sentenza in commento fa riferimento all’art. 101, comma 5 del D.P.R. n. 917/1986 (Testo Unico Imposte Sui redditi), il quale dispone che le perdite su crediti sono deducibili solo se risultano da elementi certi e precisi. Su tale assunto i Giudici, continuando, hanno affermato che la perdita non deve essere evitabile, e che la rinuncia al credito deve essere il reale male minore tra le eventuali spese per il recupero coatto del redito ed il suo ammontare. E ciò anche in riferimento alle reali possibilità di recupero del credito stesso.
Nel caso di specie la ricorrente non ha fornito, però, le prove certe e precise che la perdita del cliente avrebbe arrecato un danno “superiore” all’importo della rinuncia al credito e quindi le sue doglianze sono state rigettate.
In ogni caso la sentenza riveste fondamentale importanza qualora un contribuente pretenda il diritto alla integrale deduzione della perdita oltre il limite fiscalmente consentito per abbuoni a clienti, qualora abbia la possibilità di dimostrare quanto affermato dai giudici nella sentenza in commento.
(C.t.p. di Reggio Emilia Sentenza n. 95 del 14/06/2010 sez. I)
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