Retribuzioni dei lavoratori italiani ferme ai minimi storici da almeno un lasso di tempo che si protrae da 35 anni dal lontano 1982: non a caso, l’Istat ha pubblicato le ultime serie storiche disponibili in materia di salari e stipendi percepiti dagli italiani e, secondo quanto emerge, l’ultimo aggiornamento sulle retribuzioni contrattuali segna un incremento “timido” su base annua del +0,3%. A febbraio l’inflazione risultava all’1,6%, l’andamento dei prezzi vola per 5 volte e si viene, inevitabilmente, d “allargare” il gap tra indice del costo della vita e retribuzioni, oltra alla capacità reddituale della popolazione italiana.
Nonostante questo scenario piuttosto grigio in materia di retribuzioni, un colpo di scena proviene dal settore del pubblico impiego che sarà interessato dal rinnovo dei contratti di lavoro. Le trattative portate avanti dal Governo vedono al centro della discussione il salario accessorio e l’esame del provvedimento impegna anche la Camera. Dopo 7 anni di stagnazione e di salari fermi, a presto arriverà l’aumento dei salari per il pubblico impiego di 85 euro. Ha spiegato il Segretario della UIL Antonio Foccillo: “Noi abbiamo chiesto che nel Def ci sia la programmazione delle risorse … il mese di aprile è un mese determinante, ci aspettiamo che la ministra Madia firmi la direttiva in questo mese, in contemporanea con la presentazione del Def, dove dovrebbe comparire l’ultima tranche dello stanziamento”.
Dai Sindacati si è levata la voce di liberalizzare i fondi per il secondo livello e ci siano meno vincoli e cavilli che frenano la stabilizzazione dei precari nel settore pubblico e per gli aumenti salariali saranno necessari ben 5 miliardi di euro stanziati nella legge di bilancio. L’obiettivo è spingere sulla produttività, sul salario accessorio, “agganciando” i premi a target oggettivi; collegare la contrattazione all’incremento dei tassi di presenza potrebbe essere sicuramente, un buon passo in avanti per combattere l’assenteismo nella Pubblica Amministrazione italiana.