Referendum, riforme, Recovery fund: sono le tre ‘R’ di Nicola Zingaretti a sostegno del Sì al taglio dei parlamentari e sulle quali il segretario ha ottenuto il via libera della direzione. Riuniti da remoto, i componenti del parlamentino dem hanno votato, per parti separate, la relazione stessa e l’ordine del giorno presentato a favore del Sì.
L’avvertimento agli alleati
Nel suo intervento, il segretario ha sottolineato più volte come si tratti di tre passaggi determinanti per il futuro del Paese, davanti ai quali occorre concretezza: “Abbiamo davanti a noi giornate cruciali, servono concretezza e realismo. Le nostre scelte peseranno sull’avvenire delle nuove generazioni”. E qui Zingaretti infila una considerazione che suona come un avvertimento: “Il Pd sostiene il governo finchè questo farà le cose che servono al Paese. Ma se la situazione della Repubblica dovesse peggiorare, l’impegno del Pd sarebbe inutile”. Al momento, aggiunge, non sembra che si vada in questa direzione. Gli alleati, tuttavia, sono avvertiti.
La scelta del governo
Il segretario dem, tuttavia, rivendica la scelta compiuta un anno fa di dare vita all’esecutivo, soprattutto alla luce della gestione dell’epidemia e dei risultati ottenuti in Europa. “Abbiamo dovuto pagare un prezzo nel nome della salvezza della repubblica, senza questo governo non avremmo potuto affrontare la pandemia. Il populismo, il nazionalismo, una volta andati al governo generano problemi anzichè soluzioni, come si vede in altre parti del mondo. Oggi abbiamo un orizzonte diverso rispetto a un anno fa, l’Italia guida il rinnovamento dell’Europa, dall’altra parte c’era chi lavorava a una Italexit. Ma attenzione: c’è ancora un consenso forte, roccioso”.
Le alleanze mancate
Fatti che rendono, per Zingaretti, ancora più incomprensibile i ‘niet’ arrivati dagli alleati sulla proposta dem di alleanze in tutte le Regioni. A due settimane dal voto, però, è inutile se non dannoso continuare a recriminare. L’appello di Zingaretti, allora, si sposta dai partiti agli elettori. “Nessun candidato al di fuori delle alleanze che abbiamo costruito noi ha la minima possibilità di affermarsi. Per questo dobbiamo unire un elettorato che se è unito vince, se è diviso perde”, afferma Zingaretti che, sul tema delle regionali, risponde anche a Matteo Salvini. “Ho letto che a destra c’è chi, sognando, parla di un 7-0″ alle Regionali. Il Pd lo impedirà, il nostro elettorato è già più unito del gruppo dirigente”, assicura.
La partita del referendum
Dalle regionali al referendum: due partite strettamente connesse, come anche quella tutta parlamentare delle riforme. Zingaretti invita a riflettere sul fatto che il Sì non debba essere motivato dai risparmi che esso comporterebbe per i conti pubblici, quanto dal percorso di riforme che esso aprirebbe. Alla Camera si è già riaperto il cantiere su una legge proporzionale e la proposta di legge Fornaro.
La raccolta firme
E perchè sia chiaro agli alleati la serietà delle intenzioni del Pd, Zingaretti sposa la proposta di Luciano Violante di lanciare una raccolta di firme per il superamento del bicameralismo perfetto. Una proposta avanzata poche settimane fa anche dal presidente della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, il senatore dem Dario Parrini. “Faccio mia la proposta di Luciano Violante di accompagnare la campagna per il Sì al referendum con una raccolta di firme per il bicameralismo differenziato. Sarà un modo, pur con scelte diverse che ci saranno, di unire il Pd”, dice il segretario prima di lasciare la parola alla direzione alla quale propone “assumere questa indicazione per il Sì integrando nella nostra battaglia tante argomentazioni che sono emerse”.
I dubbi fra i dem
All’interno del partito dubbi e mal di pancia non mancano. Luigi Zanda, ad esempio segnala che pur riconoscendo le ragioni del Sì, a cominciare da quelle elencate da Zingaretti, in lui prevale la preoccupazione che un taglio dei parlamentari non accompagnate da correttivi istituzionali potrebbero avere sul tessuto democratico. Quindi, annuncia in direzione, voterà per il No. Francesco Verducci, senatore impegnato nella campagna per il No, spiega: “Il taglio lineare dei parlamentari acuirà le diseguaglianze sociali e territoriali che diciamo di voler contrastare come priorità. Invece accadrà il contrario, si acuiranno le distanze e la crisi della democrazia e della rappresentanza”.
Lo stato maggiore difende il segretario
Il grosso del gruppo dirigente, tuttavia, è sulla linea del segretario, a cominciare dal ministro e capo delegazione al governo, Dario Franceschini: “Pacta sunt servanda”, dice riferendosi a chi un anno fa ha sottoscritto, anche sulla base del taglio dei parlamentari, il patto di governo. Come il segretario, anche Franceschini ritiene che il “Sì al referendum non è punto di arrivo, deve essere il punto di partenza per riforme più larghe costituzionali”. Non solo: “Il referendum può essere la partenza di una seconda parte della legislatura che provi a completare un percorso di riforme costituzionali che vada oltre i confini della maggioranza, includendo anche le forze di opposizione”.
Scopri di più da Rivista Fiscale Web
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.