La morte di un socio nelle società: quali sono le conseguenze giuridiche?
La morte di un socio in una società, sia essa di persone o di capitali, può generare un notevole squilibrio all’interno della compagine sociale, specialmente quando il socio ha un ruolo di rilievo, come nel caso di un amministratore unico, o quando detiene una quota particolarmente rilevante in una S.r.l. o una società di persone. Tuttavia, una società ha una sua esistenza indipendente da quella dei suoi soci, il che significa che può continuare a operare anche dopo la morte di un socio, o, al contrario, essere sciolta e messa in liquidazione, anche se i soci sono ancora vivi.
Esaminiamo quindi le implicazioni per i soci superstiti e gli eredi in caso di morte di un socio, sia nelle società di persone che in quelle di capitali, e come è possibile evitare che l’attività della società subisca interruzioni a seguito della scomparsa di uno dei soci.
Indice
La morte del socio nelle società: quali sono le conseguenze giuridiche?
La disciplina della morte del socio nelle società di persone
1.1 La liquidazione della quota del socio defunto
1.2 La prosecuzione della società con gli eredi
1.3 Lo scioglimento della società
1.4 La morte del socio nelle società di persone con due soli soci
1.5 Le diverse previsioni statutarie: a) le clausole di continuazione
1.6 Le diverse previsioni statutarie: b) le clausole di consolidazione
1.7 Le diverse previsioni statutarie: c) altre clausole
La disciplina della morte del socio nelle società di capitali
2.1 La trasmissione mortis causa della partecipazione nelle S.p.A. e S.a.p.A.
2.2 Morte del socio e successione ereditaria nelle S.r.l.
2.3 Le deroghe statutarie alla libera circolazione mortis causa delle partecipazioni nelle società di capitali
2.4 Le clausole statutarie limitative del trasferimento mortis causa di partecipazioni in società di capitali: intrasferibilità, gradimento, prelazione, opzione o riscatto
1. La disciplina della morte del socio nelle società di persone
Nelle società di persone (come la società semplice, S.n.c. e S.a.s.), il decesso di un socio non comporta la trasmissione automatica della sua qualità di socio agli eredi. La qualità di socio implica posizioni soggettive che non possono essere trasferite senza il consenso degli altri soci, come nel caso della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.
Gli eredi, pertanto, non hanno alcun diritto di interferire negli affari sociali, né riguardo alla possibilità di sciogliere la società né alla possibilità di continuare l’attività con i soci superstiti. L’ingresso degli eredi nella società è subordinato ad un accordo (esplicito o implicito) con i soci superstiti.
La regolamentazione della successione della partecipazione in una società di persone è disciplinata da due articoli del Codice Civile:
Art. 2284 c.c., che riguarda la società semplice e si applica ai soci con responsabilità illimitata, estendendosi anche a S.n.c. e S.a.s., ma solo per i soci accomandatari;
Art. 2322 c.c., che riguarda esclusivamente il socio accomandante nelle S.a.s., che ha responsabilità limitata.
In una società di persone, la partecipazione non è liberamente trasferibile, e l’erede non può diventare socio, soprattutto se implica una responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, senza averlo espressamente voluto. L’unico diritto trasmissibile è quello di ottenere la liquidazione della quota del socio defunto.
Pertanto, quando un socio di una società di persone muore, si scioglie immediatamente il vincolo tra la società e il socio defunto, e gli eredi non subentrano automaticamente, salvo una clausola di continuazione nel contratto sociale. Gli eredi hanno diritto solo alla liquidazione della quota del socio defunto, senza acquisire la qualità di soci.
L’art. 2284 c.c. stabilisce che, salvo diversa disposizione statutaria, i soci superstiti devono scegliere tra tre opzioni:
Liquidare la quota del socio defunto agli eredi;
Sciogliere la società;
Continuare la società con gli eredi del socio defunto, se questi vi acconsentono.
La scelta deve avvenire entro sei mesi dalla morte del socio, termine entro il quale deve essere effettuato il pagamento della liquidazione della quota.
In assenza di indicazioni testamentarie, gli eredi diventano contitolari della quota, in comunione ereditaria, e possono risolvere la questione mediante divisione.
L’art. 2322, 1° comma, c.c. stabilisce che la quota del socio accomandante in una S.a.s. è trasmissibile per causa di morte, ma gli eredi devono accettare l’eredità per diventare soci accomandanti.
1.1 La liquidazione della quota del socio defunto
Come già accennato, in caso di morte di un socio di S.n.c. o del socio accomandatario in una S.a.s., l’art. 2284 c.c. prevede tre alternative, a meno che non sia previsto diversamente nello statuto.
La liquidazione della quota del socio defunto è l’ipotesi “normale”, ovvero quella stabilita dalla legge in assenza di una volontà diversa. Gli eredi non diventano soci, ma acquisiscono il diritto alla liquidazione della quota del defunto, diventando creditori della società.
La liquidazione deve avvenire entro sei mesi dalla morte del socio e deve essere basata sulla situazione patrimoniale effettiva della società, tenendo conto di beni materiali e immateriali, come l’avviamento, i marchi e altri beni aziendali. Per determinare il valore della quota, è necessario redigere un bilancio straordinario che rifletta il valore effettivo della società al momento della morte del socio, piuttosto che basarsi esclusivamente sul bilancio contabile ordinario.
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