Letta dal meeting di Comunione e Liberazione ha detto: “Spero in una approvazione a ottobre della legge elettorale, è il cambiamento più urgente”.
Poi lancia la sfida personale al PDL per le politiche, e a Renzi per le primarie del PD.
Il discorso ─ pronunciato ieri dal premier Enrico Letta ─ sa tanto di sfida e rivincita contro chi lo considerava un primo ministro solo di passaggio (leggasi Napolitano) e chi lo ritiene sotto scacco, minando continuamente la tenuta del suo esecutivo (come il PDL) e ancora frecciate per Renzi, che dall’interno del suo partito, gli fa le pulci sentendosi già leader di quel PD, che sembrerebbe allo sbando.
La riforma della legge elettorale è il primo obiettivo del premier, soprattutto nell’ottica della verifica della sua leadership. Di questo Letta non ha paura (maturato in questi 100 giorni di governo) e si sente pronto a sfidare il PDL e gli altri partiti sulle azioni, vedendo a portare di mano l’aggancio alla ripresa economica. (Ma ancora c’è molto da fare -ndr).
Letta, in questo senso, si rivolge in maniera sottintesa anche contro chi diceva che nessuno voleva cambiare la legge elettorale, proprio per evitare il ritorno alle urne.
In effetti la legge elettorale come è adesso, il famoso porcellum, non consente di essere investiti direttamente dal popolo quale guida del Paese.
Ha detto: “gli italiani alle urne sapranno punire quelli che oggi pensano solo ai propri interessi rispetto agli interessi generali che sono quelli dell’uscita dalla crisi e del lavoro e per questo nessuno deve interrompere il percorso di speranza che abbiamo cominciato per uscire dalla crisi economica.”
Per quanto riguarda Renzi, ha chiesto che al più presto, vengano fatte le primarie del PD, per eleggere il candidato premier del partito.
Resta sempre il nodo delle azioni importanti per il Paese, come gli investimenti e la pressione fiscale, oltre ad avere un signor B. che non vuole mollare il Parlamento, minacciando elezioni subito.
Staremo a vedere le abilità strategiche del Premier in carica, oltre ad attendere quelle per il Paese.