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Il maggior valore accertato in una compravendita immobiliare ai fini dell’imposta di registro non è efficace automaticamente ai fini dell’ assogettabilità anche alle IMPOSTE DIRETTE.
La Commissione Tributaria di Roma, con la sentenza n. 368 del 24-09-2008, ha affermato con chiarezza la puntuale connessione tra imposizione indiretta (ai fini delle imposte di registro) e l’imposizione diretta (ai fini della determinazione di una plusvalenza tassabile ai fini IRPEF/IRES) in seguito ad una cessione immobiliare.
Ciò in considerazione del fatto che ci sono state diverse sentenze della Cassazione, tra loro contrastanti:
- tra l’automatico ribaltamento del maggior valore accertato ai fini del registro anche ai fini della plusvalenza e quindi delle imposte dirette (esempio cass. 21055/2005);
- e il respingimento di tale criterio di automatica proiezione di maggior reddito a titolo di plusvalenza a
seguito di rettifica ai fini delle imposte di registro (es. cass. 7689/2003).
La Commissione di Roma con la sua decisione ha analizzato in profondità la netta differenziazione tra le imposte indirette (ai fini del
registro) e le imposte dirette (ai fini della plusvalenza tassata per IRPEF/IRES) SULLE CESSIONI IMMOBILIARI, e “la caratteriale e netta” distinzione tra il
significato di “valore” di un bene e quello di “corrispettivo”.
registro) e le imposte dirette (ai fini della plusvalenza tassata per IRPEF/IRES) SULLE CESSIONI IMMOBILIARI, e “la caratteriale e netta” distinzione tra il
significato di “valore” di un bene e quello di “corrispettivo”.
Nella sentenza si legge in un parte, “inizio stralcio”: “In tema di reddito d’impresa, l’art. 54 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce, con riferimento alla plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso di un bene relativo all’impresa, che essa è costituita dalla differenza tra il “corrispettivo” conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, ed il costo non ammortizzato. Pertanto, sulla base dell’ inequivoco significato del termine “corrispettivo”, occorre fare riferimento soltanto al maggiore ammontare del ricavato della vendita rispetto al costo d’acquisto, cioè all’entità della monetizzazione dell’incremento patrimoniale. Il presupposto d’imposta, infatti, nel caso della imposta di registro è costituito dal trasferimento di ricchezza realizzato mediante la compravendita. L’imposta di registro, come imposta indiretta sui trasferimenti, intende assoggettare a prelievo il valore della transazione oggettivamente considerato (valore del bene in sé) e non il corrispettivo del rapporto sinallagmatico.
In altri termini l’incremento di patrimonio realizzatosi per le parti.” fine stralcio.
La tesi dell’Agenzia delle Entrate di Roma, respinta dalla CTR, fondava la rettifica su erronei presupposti logici: l’accertamento infatti imputava a “PLUSVALENZA” il maggior “valore determinato ai fini delle imposte di registro”. In essa si confondeva il concetto di “valore dell’immobile ceduto” con “il corrispettivo” per la cessione dell’immobile, rispettivamente il primo rilevante ai fini della imposta di registro ed il secondo rilevante ai fini delle imposte
sul reddito. Senza tener conto, quindi, che i criteri per la determinazione dei due importi sono completamenti diversi.
L’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, secondo la sentenza, ha limitato il suo accertamento al mero riporto del “valore del bene ai fini dell’imposta di registro” come leva per il calcolo della maggior plusvalenza ai fini ai fini delle imposte sui redditi.