Lo spirito della norma è quello di non perpretare una iniquità fiscale a danno del creditore, in quanto in mancanza di tale disposto sarebbe obbligato anche a versare l’IVA sulle fatture emesse poi divenute inesigibili.
Il comma 2 del predetto art.26 recita:
“Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili ………. il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25.”
Il cedente o prestatore può recuperare l’IVA – sulle fatture emesse e impagate – solo nel caso in cui contesti formalmente al debitore la sua inadempienza o lo diffidi ad adempiere, con contestuale richiesta di risoluzione contrattuale. Quando tali azioni abbiano esito negativo potrà emettere nota di variazione IVA per registrare a credito il tributo non incassato.
E’ bene non fare confusione con la perdita su crediti che è tutt’altra cosa, in quanto essa incide sulle imposte dirette.
Tale procedura per il recupero dell’IVA non comporta assolutamente rinuncia al credito.
Tale fattispecie non ha limitazione temporali, in quanto l’inesigibilità del credito non deriva da pregresso accordo tra le parti o da inesattezze nella fatturazione originaria (nel qual caso il termine per l’emissione della variazione IVA è di un anno dalla emissione della fattura).
Procedura da seguire.
Eccepire al cliente insolvente la risoluzione del contratto per suo inadempimento che può avvenire tramite:
- Invio al debitore di lettera monitoria contenente la <> entro un termine stabilito dal creditore;
- Esecuzione della clausola risolutiva espressa prevista in contratto e permessa dall’art. 1456 del codice civile;
- Contestazione della decorrenza del termine essenziale per l’esecuzione della prestazione previsto in contratto.
Nel caso il cliente non adempia nel termine indicato nella comunicazione di cui sopra, il cedente/prestatore emette nei suoi confronti una nota di variazione IVA per l’importo del tributo stesso come esposto nella fattura originaria e richiamando la diffida inviata precedentemente.
Registrazioni Contabili.
ESEMPIO:
La società ALFA emette fattura nei confronti della società BETA per euro 12.000,00 compreso IVA. La registrazione sarà la seguente:
data 3-01- 20..
BETA 12.000,00 A VENDITE/PRESTAZIONI 10.000,00
Erario c/IVA 2.000,00
BETA non effettua il pagamento nei termini stabiliti. La società ALFA in data 30/10/20…. attiva la procedura di formale diffida come sopra, e dopo l’esito infruttuoso di tale sollecito legale, emette la nota di variazione IVA per euro 2000,00 nei confronti di BETA ed effettua le seguenti registrazioni ai sensi dell’art.25 per il recuper dell’IVA e per lo storno delle intere partite al fine di lasciare integra la titolarità del credito in capo al cedente, accendendo un conto “fatture da emettere verso BETA”:
15/11/20….
Erario c/IVA 2.000,00 A BETA 2.000,00
15/11/20….
VENDITE/PRESTAZIONI 10.000,00 A BETA 10.000,00
15/11/20….
FATTURE DA EMETTERE V/BETA 10.000,00 a VENDITE/PRESTAZIONI 10.000,00
Sarebbe opportuno eseguire le operazioni di storno dell’IVA e dei conti nello stesso anno di emissione della fattura.
E’ ancora opportuno ricordare quanto già detto prima; ossia che tale procedura consente il recupero dell’IVA già versata all’ERARIO in conseguenza della emissione della fattura, che non si riferisce alla perdita su crediti, che invece riguarda le imposte dirette (DPR 600/73).
Il caso descritto ha il solo scopo di riprendere l’IVA pagata sulla fattura inesigibile, ma per il quale, si vuole conservare la titolarità del credito (imponibile) insoddisfatto. Ciò in vista di una eventuale azione successiva per il recupero delle somme attese dal creditore o del pagamento spontaneo del debitore.