Iva al 22%: l’aumento a carico dei più deboli. Evitabile da mala politica.

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Come sappiamo problemi politici ci hanno regalato una bella stangata con l’ IVA ordinaria che da ieri è aumentata dal 21 al 22%. Tutto sembrava volgesse verso un stop dell’aumento IVA, ma all’ultima ora, per fatti che ci appaiono quanto meno incredibili, il provvedimento DI SOSPENSIONE DELL’IVA AL 22% NON SI E’ POTUTO VARARE.

Nessuna sanzione, ha comunicato l’Agenzia delle Entrate, sarà comminata per la regolarizzazione di eventuali errori per applicazione della vecchia aliquota vista la sorpresa dell’aumento.

Le aziende che già da ieri erano tenuto ad applicare l’IVA ordinaria al 22%, nel primo periodo di applicazione dell’aumento, potranno effettuare la sanatoria di operazioni attive (fatture emesse e corrispettivi) annotati in modo errato, emettendo nota di  variazione IVA in ADDEBITO, se per ragioni di ordine tecnico non è stato possibile aggiornare in tempo software per la fatturazione e i registratori di cassa.

Conclusioni: Un aggravio sui consumatori finali che si poteva facilmente evitare. Un punto di Iva vale circa 2 miliardi di euro, e con numeri da capogiro come il debito pubblico a 2100 miliardi di euro, interessi su questo debito di circa 80 miliardi di euro annui, spesa pubblica a circa 800 miliardi di euro annui, i. 2 miliardi di euro che occorrevano per lasciare l’aliquota Iva al 21%, crediamo potevano essere agevolmente recuperati magari tagliando qualche piccola spesa della macchina burocratica statale, tra ministeri, municipalizzate, indennità parlamentari da capogiro oltre gli stipendi.

L’IVA al 22%, non legata al reddito, chiaramente sarà sopportata in maniera più significativa dalle fasce meno abbienti, e questo sembra un modo per tenere la massa in povertá e poterla meglio controllare.

Soprattutto in un periodo così difficile di  crisi perdurante.

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