Per i bilanci da chiudere prossimamente è d’obbligo un approfondimento sulla valutazione delle rimanenze per le imprese di costruzione.
Si ritiene difficoltosa, PER TALI IMPRESE, la valorizzazione delle rimanenze sia ai fini civilistici che fiscali, vista la prolungata crisi del settore. Ciò per quanto riguarda gli immobili completati ed invenduti.
Molto spesso le iniziative immobiliari sono attivitate mediante ricorso a crediti bancari e i relativi oneri finanziari, per i fabbricati in corso di costruzione sono capitalizzati mediante imputazione in conto rimanenze.
Secondo i principi contabili nazionali infatti:
– se un finanziamento è stato accesso per sostenere i costi di costruzione , e il completamento dei lavori richiede tempi produttivi relativamente lunghi, è data la possibilità di imputare i relativi oneri, per interessi passivi, al conto “rimanenze di opere in corso”, nei limiti del periodo di costruzione.
La capitalizzazione in bilancio dunque, di tali interessi, va sospesa nel momento in cui gli stessi immobili sono ultimati ed il fabbricato è commerciabile.
Occorre controllare, con monitoraggio continuo, che il valore del bene non superi quello dell’eventuale vendita.
Ora vista la crisi, e non conoscendo, “nè quando” “nè a quanto” sarà venduto l’immobile si comprende bene la difficoltà di valorizzazione di tali particolari rimanenze che come detto non può eccedere il valore di vendita futura.
Fonte: Gli immobili invenduti fanno i conti con la crisi – Gaiani Luca , pag. 36 – Mercoledì 23 marzo 2011
In merito a tale problematica fiscale, l’opinione di rivista fiscale web, è quella di inserire vista la crisi, la valorizzazione delle rimanenze secondo un criterio reale come si è sempre fatto, senza fare previsioni su quando ed a che prezzo saranno venduti gli immobili.
Poi successivamente, nel momento in cui questi saranno venduti facendo un esempio dopo due o tre anni, disporre con apposita norma:
-che sia riconosciuto al costruttore, il costo finanziario dell’immobile invenduto, dal momento della ultimazione a quello della vendita.
In tal caso potrebbe essere ideale anche ai fini di evitare raggiri a fini evasivi, valutare lo scostamento delle rimanenze < > rispetto alla vendita, calcolando quanto è costato al costruttore tenere invenduto lo stesso immobile per un dato periodo di tempo. Oppure stabilire una deduzione forfettaria che dimuisca il margine ricavato dalla vendita rispetto al valore delle rimanenze riportato in bilancio.
Si coglie l’occasione anche per ricordare che la valutazione delle “opere in corso di lavorazione/costruzione”, come disposto dall’art. 92 comma 6 del DPR 917/86, “viene effettuata prendendo come riferimento le spese sostenute inclusi gli oneri accessori di diretta imputazione (art. 110 c.1 lett. b DPR 917/86)”.
Sono escluse quindi le spese generali, di ricerca e gli interessi passivi; per questi ultimi come detto fanno eccezione le imprese edili (che quindi possono incrementare le rimanenze di opere in corso degli oneri del finanziamento finalizzato alla costruzione).
Contabilmente la valutazione avviene sospendendo, mediante l’iscrizione della posta risconti attivi, tutte le spese sostenute nell’esercizio che ancora non sono imputabili alla parte di valore ultimata. Tale criterio costituisce la regola, per le imprese edili, che realizzano pe conto proprio edifici destinati alla successiva rivendita (Ris. Min. 8 luglio 1975 n. 2/668).