Per le imprese con il decreto “fare” è arrivato il momento della sveglia.
Per gli imprenditori, dopo le tante botte ricevute – sia per la crisi che per uno Stato inefficiente – è arrivato il momento del “fare” «se si vuole», con gli strumenti messi a disposizione contro la crisi dal decreto appena approvato dal Governo.
Le imprese potranno prendersi la loro “revenge” contro un apparato statale altamente lento, burocratizzato ed inefficiente.
Il “decreto del fare” se andrà in porto (così come approvato e come ci auguriamo), consentirà alle aziende non solo di recuperare la produttività perduta ma anche “di sferzare” coloro che sono stati a impoltronire sulla loro sedia da funzionari, lasciando l’evasione della “pratica d’impresa” al buon umore di una mattina.
Da adesso i funzionari pubblici dovranno “scattare «sull’attenti» quando un’azienda gli invia una istanza”. Prevista una multa – per i ritardi nelle concessioni di autorizzazioni e pratiche d’impresa – a carico del diretto “funzionario incaricato” (50 euro per ogni giorno di ritardo e fino a 2000 euro) nell’espletamento della pratica dell’imprenditore.
Ma anche una rinvicita contro i soprusi fiscali di equitalia, che ha pignorato e venduto la casa di piccoli imprenditori.
La revisione dei poteri di Equitalia resta uno dei punti fondamentali del “decreto fare”. In particolare i debiti iscritti a ruolo in caso di difficoltà del contribuente potranno essere rateizzati fino a 10 anni – 120 rate -e dal 30 settembre scomparirà l’aggio, oggi circa l’8% del ruolo esatto; saranno dovuti soltanto i costi fissi con i relativi interessi. Come anticipato ieri su queste pagine la prima casa (non di lusso) non sarà più soggetta ad espropriazione, se è l’unico bene, ed è la propria residenza.
Anche le Banche dovranno servire i propri clienti, non potranno più rifiutare di parlare con il cliente che non ha garanzie, perchè teoricamente la garanzia potrebbe arrivare dal fondo Centrale di Garanzia, rafforzato dal decreto.
E cosa dire degli appalti, con gravose incombenze burocratiche per le imprese – che dovevano fare in pratica una doppia contabilità dei pagamenti – anche quella dei loro appaltatori o subappaltatori, per verificare il versamento di ritenute ed IVA, pena l’obbligazione in solido dei pagamenti omessi. (Una vera ingiustizia fiscale del decreto Bersani dl 223/06).
Insomma se oggi qualcuno ha veramente voglia di “fare” (rivolgendoci soprattutto ai giovani) non può lamentarsi della mancanza di strumenti.
Certamente non è una passeggiata richiedere ad esempio la garanzia pubblica, ma si può fare.
Le intenzioni del decreto per le aziende produttive è il permettergli di «fare impresa»:
- sburocratizzazione delle pratiche;
- azioni contro i funzionari inetti;
- garanzia pubblica a fini di finanziamento; (in arrivo 50 miliardi di rifinanziamento del fondo, sveglia ai giovani)
- wi-fi gratuito;
- riduzione delle bollette e dei costi di energia;
- 5 miliardi di euro per la riedizione della legge sabatini per l’acquisto di macchinari.
Insomma, fermo restando che oggi stiamo vivendo una crisi profonda, esistono le vie per gli investimenti produttivi, i giovani disoccupati possono muoversi per aprire un’attività propria d’impresa, i debitori potranno largamente e tranquillamente onorare i propri debiti, le banche dovrebbero tornare a fare le banche.
Manca in questo decreto il blocco dell’aumento IVA, speriamo in un ripensamento e/o in un ritrovamento delle risorse.
Insomma nelle intenzioni, si tratta di un decreto importante, “ma aspettiamo però le disposizioni attuative”.