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Impresa familiare e scioglimento

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L’impresa familiare

Mauro Cominotto Regimi Contabili 18 Dicembre 2012

company business
L’impresa familiare, ai sensi dell’art. 230-bis c.c., è un’impresa individuale nella quale uno o più familiari dell’imprenditore, collaborano con lo stesso, prestando la propria attività di lavoro. Tale impresa può essere costituita solamente da soggetti che esercitano un’attività commerciale o artigiana, non può essere costituita con soggetti che esercitano un’attività professionale. La qualifica di imprenditore spetta esclusivamente al titolare dell’impresa che deve essere il detentore di almeno il 51% delle “quote” dell’impresa.

Costituzione
L’articolo 5 c. 4 del TUIR (testo unico delle imposte sui redditi), stabilisce che l’imprese familiare, così come stabilita dall’art. 230-bis c.c., per poter beneficiare del regime fiscale stabilito dallo stesso TUIR, deve essere costituita con scrittura privata autenticata o con atto pubblico (atto notarile, da assoggettare a tassa fissa di registro (euro 168) entro 20 giorni dalla stipula dell’atto). In tale atto, oltre a stabilire l’opponibilità fiscale di fronte al fisco, si formalizzano le generalità dei soggetti partecipanti all’impresa familiare e i loro vincoli di parentela; inoltre vengono stabilite le quote di partecipazione all’impresa, il soggeto imprenditore deve detenere almento il 51% delle quote, ma le stesse potranno variare, tenuto conto del vincolo del 51%, di anno in anno in relazione alla percentuale di lavoro prestato dai collaboratori familiari.
L’impresa può essere costituita dai seguenti familiari, che collaborano in maniera continuativa e prevalente nell’impresa:

il coniuge;
i parenti entro il terzo grado;
gli affini entro il secondo grado.
La sentenza della corte di cassazione n. 22405 del 2004 ha stabilito che l’impresa familiare per essere fattibile, dal punto di vista civilistico, deve presupporre l’esistenza di una famiglia vera e propria, escludendo di fatto le c.d. convivenze di fatto. L’ingresso di un nuovo familiare, all’interno dell’impresa familiare già precostituita, comporta la stipula di un nuovo atto di impresa familiare obbligatoriamente con scrittura privata autenticata o con atto pubblico.
I collaboratori familiari, ai sensi dell’art. 230-bis c.c., hanno “diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della familia e partecipano agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquisitati con essi nonchè agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato (L. 2/12/1975 n. 576). Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonchè quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa”.

Aspetti fiscali
Con l’art. 5 c. 4 del TUIR si stabilisce che ” i redditi delle imprese familiari di cui all’art. 230-bis del c.c., limitatamente limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. La presente disposizione si applica a condizione:

che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;
che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.”
Da quanto enunciato dall’articolo in oggetto si desume che il titolare dell’impresa familiare è titolare di una quota pari, ai fini fiscali, almeno al 51% del reddito prodotto dell’impresa familiare nel corso dell’anno solare, inoltre al titolare e ai collaboratori sono attribuibili con le rispettive quote le “eventuali” ritenunte d’acconto applicate all’impresa familiare. Risulta importante sottolineare che gli effetti fiscali della stipulazione dell’atto d’impresa familiare decorrono dall’anno successivo all’anno di stipula (“anteriore all’inizio del periodo d’imposta”) se l’imprenditore è già titolare di un’impresa individuale, ad esempio se si vorrà avere un’effetto fiscale nell’anno 2013 l’atto di stipula dell’impresa familiare dovrà essere stipulato entro il 31 dicembre 2012. Nel caso in cui invece l’atto dia inizio ad una nuova impresa, ovvero l’inizio della attività sia contestuale alla stipula dell’atto, gli effetti fiscali si determinano dall’anno in corso (Circolare Agenzia delle Entrate 40/E del 19/12/1979). L’impresa familiare, rispetto all’impresa individuale, consente un congruo risparmio d’imposta perchè lo stesso reddito viene ripartito, ai fini IRPEF, su più soggetti.

Le perdite dell’impresa familiare sono attribuite integralmente al titolare il quale, a differenza dei collaboratori, può utilizzarle fiscalmente in compensazione con redditi di altra natura (se si trova in contabilità semplificata) o con redditi della stessa natura (redditi d’impresa o di partecipazione) e il riporto a nuovo dell’eventuale eccedenza (se in contabilità ordinaria).

Nel caso in cui l’impresa familiare sia soggetta dall’amministrazione finanziaria all’accertamento di un maggior reddito, lo stesso, se fondato, esplicherà i propri effetti esclusivamente in capo al titolare dell’impresa familiare (Circolare Agenzia delle Entrate 6/E del 20/02/1984).
Lo scioglimento dell’impresa familiare
Nel caso di uscita di uno dei collaboratori dell’impresa familiare o in caso di cessazione della stessa non è necessario formalizzare la cessazine con una scrittura privata autenticata o con atto pubblico, risulta sufficiente formalizzare la stessa con un’atto avente data certa. Al collaboratore che cessa l’attività prestata nell’impresa familiare nel corso del periodo d’imposta annuale viene attribuita una quota di reddito proporzionale alla quantità di lavoro prestato nel periodo d’imposta (nota DRE Piemonte 19 giugno 2006) a differenza di quanto avviene per le società di persone dove il reddito, in caso di uscita di un socio, viene attribuito integralmente ai soci rimanenti nella società. L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 176/E del 28/04/2008, a seguito di un’istanza di interpello, ha chiarito che per le somme liquidate al familiare che recede dall’impresa familiare, a differenza di quanto avviene per i soci delle società di persone, non si applica quanto stabilito dall’ art. 20-bis del TUIR e quindi tali somme non costituisco materia imponibile ai fini fiscali, non sono imponibili per chi le paga e non sono deducibili per chi le riceve, perchè attengo esclusivamente la sfera patrimoniale e i rapporti tra i familiari.

Riferimenti normativi:
Art 230-bis c.c.;
Art. 5 c. 4 TUIR Dpr 917 22/12/1986;
Legge 576 2/12/1976;
Circolare Agenzia delle Entrate 40/E del 19/12/1979;
Circolare Agenzia delle Entrate 6/E del 20/02/1984;
Cassazione sentenza 8423/1994;
Circolare Agenzia delle Entrate 98/E 2000;
Cassazione sentenza 22045/2004;
Risoluzione Agenzie delle Entrate 176/E del 28/04/2008;

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