#pinomerola
A cura di SERENA GALEAZZI.
Con la C.M. n. 31/E del 2 agosto 2012, l’Agenzia delle Entrate ha preso posizione circa un tema particolarmente sentito dai contribuenti: la deduzione di componenti negativi di reddito in violazione del principio di competenza ex art. 109, commi 1 e 2 del TUIR.
Violazione che si caratterizza, semplicemente, per la non corretta partecipazione dell’onere, esistente ed accertato, alla quantificazione del reddito di un determinato periodo d’imposta.
In casi del genere, in passato, gli uffici erano chiamati a gestire, contemporaneamente, due procedure: da un lato quella relativa alla definizione dell’avviso di accertamento emanato al fine di “recuperare” il costo dedotto nell’errato periodo d’imposta, dall’altro quella relativa al rimborso (qualora attivato dal contribuente) di quanto indebitamente pagato nel periodo d’imposta in cui lo stesso avrebbe dovuto essere imputato e dedotto.
Si trattava, evidentemente, di una sorta di solve et repere, particolarmente onerosa per il contribuente che si trovava a dover corrispondere una somma che gli sarebbe stata successivamente restituita.
Con la C.M. n. 31/E del 2 agosto 2012, l’Amministrazione individua nella compensazione tra “l’imposta dovuta” e “quella che darebbe diritto al rimborso di quanto indebitamente versato”, uno strumento di semplificazione dell’azione amministrativa. In sostanza, in ipotesi di definizione dell’avviso di accertamento, il contribuente non dovrà più corrispondere la maggiore imposta accertata per poi chiederne il rimborso, ma solo l’importo relativo alle sanzioni ed agli interessi.
La circolare limita l’operatività di tale compensazione alla sola fase di “definizione del procedimento di accertamento con adesione”, quindi in sede pre-contenziosa, ma è il medesimo principio deve essere ritenuto valido ed invocabile anche in sede contenziosa.
Infatti, sebbene l’art. 7 del T.u.i.r. sancisca l’autonomia di ogni periodo d’imposta (“ … l’imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma …”), l’art. 163 T.u.i.r. da un lato (“ … la stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto …”) e l’art. 110, comma 8, T.u.i.r. dall’altro (… l’Ufficio tiene conto direttamente delle rettifiche operate e deve procedere a rettificare le valutazioni relative anche agli esercizi successivi …), forniscono gli elementi per riconsiderare il reddito imponibile dei periodi d’imposta interessati dal difetto di competenza.
In presenza di specifici elementi di reddito (che costituiscono lo stesso presupposto), l’imposta non può essere richiesta più volte, sia nei confronti di soggetti diversi che nei confronti del medesimo contribuente. Diversamente, si configurerebbero gli estremi di una perfetta duplicazione d’imposta che sia il legislatore del T.u.i.r. che quello del D.p.r. 600/73 in materia di accertamento (art. 67, comma 1) intendono evitare.
In sostanza, se un rilievo ha ricadute in più esercizi, l’ufficio, in qualità di Organo accertatore, deve procedere alla rettifica del reddito imponibile per tutti i periodi interessati, pena la violazione del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost..
Sarebbe, in effetti, irragionevole stabilire per violazioni che si sostanziano in un mero sfasamento temporale dell’imputazione dei costi, conseguenze identiche a quelle previste per le violazioni caratterizzate dal difetto di inerenza degli stessi.
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