#pinomerola
Lo stipendio degli italiani è tra i più bassi d’Europa: la metà di Lussemburgo, Germania ed Olanda e dietro anche a Grecia, Cipro, Irlanda e Spagna.
Uno studio di EUROSTAT, pubblicato nella foto, ha rivelato che nel 2009 l’importo medio annuo degli stipendi dei lavoratori italiani è stato di 23.406 euro, piazzandosi al 12° posto di questa speciale classifica. Una busta paga tra le più basse d’Europa pari alla metà di quella dei «tedeschi ed olandesi» ed addirittura inferiore, come detto, a Grecia e Cipro.
Anche per gli avanzamenti siamo tra gli ultimi: tra il 2004 e il 2009 l’incremento in busta è stato pari solo al 3,3% contro ad esempio la Spagna con il 29,4%.
Il Ministro Fornero ha dichiarato “che il problema dei mini stipendi italiani è dovuto anche al rapporto “disequilibrato” tra compensi bassi e costo del lavoro relativamente elevato”.
Necessario, ha detto aumentere la produttività e scardinare questa situazione.
Il Ministro Passera parla della estrema necessità di introdurre nel mercato nel lavoro la flessibilità in entrata e in uscita.
A questo punto l’art. 18 e la battaglia contro la sua modifica non hanno alcun senso se ciò significasse un congruo miglioramento dei salari e della produttività.
Ogni lavoratore, crediamo, sarebbe disposto a perdere un pò di quella presunta sicurezza (dell’art.18) a fronte di aumenti significativi del loro introito mensile.
Puntualizziamo “anche” che occorre tener conto “del costo totale del dipendente” (compreso tasse e contributi) che ogni azienda deve sostenere.
Probabilmente rifacendo lo studio su tale VALORE non saremmo invece molto lontani dagli altri Paesi.
La differenza sta nella ELEVATISSIMA pressione fiscale e contributiva che subiscono le nostre aziende.
E’ chiaro che se in Olanda per un dipendente si spende in totale 3000 euro di cui per tasse e contributi vengono tolti 500 euro, il netto in busta sarà di 2.500 euro.
Se in Italia di contro a parità di costo totale, ci sono 1000 euro per tasse e contributi ecco che scende giustamente il netto…a 2000.
Quindi non sono le aziende a dover meditare sul problema dei mini stipendi, ma lo Stato, sulla necessaria e vitale riduzione della pressione fiscale.