a cura di Giuseppe Merola
Aveva forse ragione Giulio Tremonti, l’ormai ex Ministro
dell’Economia e delle Finanze dell’ultimo Governo Berlusconi quando
affermava che questa crisi, la crisi dell’Euro e dell’Euro zona, non era
una crisi passeggera, e che ci trovavamo come dentro un video game,
peraltro molto realista nelle forme e nei combattimenti, dove ogni volta
che si sconfigge un mostro, eccoti apparire il mostro successivo ancora
più forte ed invincibile.
Ma noi uomini e donne del cosiddetto “Vecchio Continente”, culla
dell’arte, della filosofia, e della cultura, culla del Cristianesimo che
in maniera inequivocabile ha contribuito a costruire sin dalle epoche
delle barbarie l’Europa come la conosciamo oggi, siamo autorizzati a
pensare che la crisi, questa crisi che sicuramente presenta aspetti e
forme inquietanti, spesso incontrollabili e giudicabili, come un punto
di non ritorno? Siamo, e saremo ogni giorno che passa, autorizzati ad
immaginare scenari apocalittici? Scenari dove la nostra storia, la
storia dei nostri padri sarà mortificata in maniera inequivocabile?
Quali saranno i probabili scenari che i popoli europei saranno chiamati ad affrontare?
Quali scelte dovranno essere adottate, affinché si possa far fronte
all’emergenza che ogni giorno di più sembra amplificarsi e costringere
sempre più persone a immani sacrifici?
Nello svolgere questa faticosa analisi, vogliamo partire dalla curiosa
analisi che i bookmakers ( soprattutto inglesi) hanno sviluppato in
termini di scommesse, ebbene per oramai tutti i bookmakers l’uscita di
alcuni paesi dall’area Euro è una realtà praticamente certa, proposta a
quote ragionevolemente basse.
Sembra segnato il destino di un paese come la Grecia, oggi cuscinetto
nei rapporti tra il mondo occidentale e Turchia e Russia, un paese che
ha un pil nazionale al di sotto di quello prodotto dalla Regione
Lombardia.
Se l’avverarsi di questa probabilità appare non più remota, cerchiamo di
comprendere cosa potrebbe accadere alla nostra Italia se da un venerdì
sera al lunedì mattina saremmo chiamati a convertire i nostri “preziosi”
euro in vecchie e gloriose lire di antica memoria.
Cerchiamo di capire allora cosa innanzitutto accadrebbe ai nostri
risparmi. La questione in una paese come l’Italia ad alta propensione al
risparmio non è per nulla marginale.
Evidentemente dovendo affrontare una forte svalutazione della valuta nel
cambio tra euro e lira, molti tra noi ci troveremmo a dover scegliere
se tirar via i risparmi depositati presso gli Istituti di credito e
nell’annoso dilemma di doverne scegliere una nuova destinazione in
attesa che la situazione trovi un suo nuovo punto di equilibrio. Poche
in verità le alternative: l’oro e pietre preziose, il mattone, il
materasso, mercati dei capitali esteri. Delle ipotesi solo l’ultima
appare la più interessante e già quella più battuta da noi italiani.
Ma cerchiamo di capire cosa sta accadendo e cosa accadrà attraverso una
semplice considerazione, che risiede nel fatto che non ci rendiamo conto
che in queste settimane i media di ogni colore e appartenenza ci stanno
facendo focalizzare l’attenzione sullo spread e sull’andamento della
moneta unica, quando in tutta verità il sistema bancario europeo è
oramai al collasso. Chi governa gli Stati europei si sta sforzando di
dirci che attraverso il rigore dei bilanci e una maggiore onestà e
trasparenza nella condotta di ciascuno, tutto potrà serenamente
rientrare, come se non fosse accaduto nulla, in verità nessuno ci dice
che siamo al punto preciso dove gli Stati saranno chiamati a perdere
autonomia, a realizzare una tensione federativa politica, economica, e
di conseguenza realmente valutaria, portando così in pareggio le bilance
dei pagamenti. Abbiamo bisogno di una federalizzazione della valuta
europea con la possibilità così di una copertura illimitata dei debiti.
Abbiamo bisogno di creare ciò che nei singoli Stati prima dell’euro era
la normalità, ovvero un prestatore di ultima istanza che dia la
copertura assoluta dei debiti e che rassereni i mercati.
I rischi del non attuare politiche come quelle appena esposte saranno
diversi, innanzitutto una forte svalutazione monetaria, periodi di forte
e accentuata disoccupazione, accentuazione delle diseguaglianze
sociali.
Disoccupati, anziani e precari del mondo del lavoro saranno le categorie
più esposte alla turbolenza che ci aspetterebbe da una uscita
dell’Italia dall’Euro, in quanto in un momento di difficoltà
risulterebbe facile tagliare per qualsiasi governo sussidi e assistenza.
Se accadesse una fase di accelerazione delle spinte inflazionistiche, la
problematica si potrebbe mediare, rimanendo liquidi, cercando di
produrre in proprio ciò che sarebbe possibile, aumentando la tendenza al
riciclo e al riuso di beni mobili, arredi, abbigliamento, non
esponendosi così a fluttuazioni di cassa non controllabili.
Fenomeni deflattivi e lunga recessione economica , sarebbero invece
tutti fenomeni di medio lungo periodo, che comporterebbero il ridisegno
totale degli aspetti sociali ed economici del nostro paese.
Ma in fondo a tutta questa articolata analisi, dovremo farci ancora una
domanda. Questa crisi che cambiamento reale ci chiederà? Quale profondo
cambiamento di abitudini, di modalità di rapporto tra le persone, di
gestione dei beni materiali e della realtà tutta ci sarà proposto?
Potremo trovare soluzione ancora in tecnicismi, in dettami di politica
economica? Potremo ancora pensare al futuro delle nuove generazioni con
la medesima preoccupazione e impostazione degli aspetti sociali e
politici avuta sino ad ora? Le settimane che seguiranno ci sveleranno
quale sarà la strada intrapresa, quale sarà il futuro del mondo così
come lo conosciamo in questo momento è ancora tutto un mistero.
11 giugno 2012