Spunti di riflessione su esistenze e rimanenze ex art.93 TUIR e loro incompatibilità ontologica con il reddito di lavoro autonomo.
Partiamo col dire che le tipologie di rimanenze previste dall’art.92 del D.p.r. n.917/1986 (relative a merci, prodotti finiti, materie prime, semilavorati e servizi di durata non ultrannuale) si differenziano nettamente da quelle previste dall’art.93.
In primo luogo è da evidenziare che le esistenze ex art.93 possono derivare esclusivamente da contratti quali l’appalto (per la realizzazione di opere o di servizi), la vendita di cosa futura e la somministrazione.
Le fattispecie contrattuali sopra indicate rientrano nel novero dei contratti di durata ultrannuale che danno origine alla tipologia dei c.d. «lavori in corso su ordinazione » tra i quali rientrano le opere di durata ultrannuale.
Sul punto la dottrina è pacifica. Tra i tanti riferimenti dottrinali, si cita l’Istituto di Ricerca del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (vedasi parere n.21 del 16 novembre 2010) che, nell’analizzare il regime civilistico, contabile e fiscale relativo alle esistenze (iniziali e finali) di opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (ex art.93), premette che i soli contratti rilevanti a fini del citato art. 93 sono quelli riconducibili ad una delle seguenti fattispecie:
– contratto di appalto di opera di cui all’art. 1655 c.c.;
– contratto di appalto di servizi, di cui all’art. 1677 c.c.;
– contratto di somministrazione, di cui all’art. 1559 c.c.;
– contratto di vendita su ordinazione.
In sostanza le rimanenze ex art.93 interessano solo quelle imprese che lavorano e producono su “commessa”.
Si tratta cioè di giacenze che si riferiscono ad attività il cui ciclo di lavorazione è, per le dimensioni e la complessità delle produzioni, di lunga durata, pluriennale, ed è effettuato su commessa dei clienti medesimi (la presenza di queste particolari rimanenze è riscontrabile generalmente nelle aziende operanti in settori quali l’edilizia, le costruzioni autostradali, le reti telefoniche o idroelettriche, eccetera).
Difatti il principio contabile n. 23 dell’organismo italiano di contabilità (O.I.C.) stabilisce che i lavori in corso su ordinazione si riferiscono a contratti di durata ultrannuale per la realizzazione di un’opera o di un complesso di opere eseguite su ordinazione del committente, secondo specifiche tecniche da questi richieste.
L’elemento essenziale, per poter quindi ascrivere alla fattispecie dei «lavori in corso su ordinazione » una certa opera, è che la stessa sia eseguita con caratteristiche di originalità le quali evidenziano che il soggetto che la esegue opera secondo i requisiti richiesti dal committente.
A questo punto appare fin troppo chiaro che le prestazioni d’opera intellettualenon possano dar luogo a rimanenze iniziali o finali ex art.93 del Tuir.
Il destinatario della prestazione professionale non è certamente definibile un committente (nel senso tecnico della norma), il quale pone specifiche tecniche cui debba attenersi il prestatore nell’ esecuzione della prestazione.
Il professionista nell’ eseguire la prestazione procede e risolve i problemi tecnici con autonomia scientifica e non è giammai “etero-diretto” dalle specifiche tecniche del paziente.
Un medico segue la propria prestazione secondo le cd. legis artes, cioè attraverso le conoscenze tecnico-scientifiche che attinge dalla sua preparazione tecnico-scientifica (cd. intellettualità dell’opera e quindi prestazione caratterizzata da cd. intuitu personae), rispondendo anche legalmente del suo operato (in sede civile o addirittura penale), qualora non si attenga alle “regulae artis” della miglior scienza e tecnica del settore specialistico nel quale opera.
Le rimanenze ex art.93 si differenziano da quelle disciplinate dall’art.92, nel senso che mentre queste ultime costituiscono costi sospesi in attesa dei relativi ricavi, le prime invece rappresentano costi sospesi controbilanciati dai corrispettivi convenuti per l’esecuzione dell’opera o per la prestazione di servizi, che incorporano una quota parte dell’utile sperato imputabile a ciascuno degli esercizi compresi nel periodo di durata dell’esecuzione.
Difatti l’articolo 93 del TUIR (rimanenze di opere, forniture e servizi di durata ultrannuale) prevede l’utilizzo del criterio dello stato di avanzamento dei lavori (cc.dd. “SAL”).
In particolare, per l’applicazione di detto criterio i costi e i ricavi vengono imputati ai singoli esercizi in funzione dell’avanzamento dell’attività produttiva e, pertanto, il “margine di commessa” (ossia l’utile complessivo), viene assoggettato ad imposizione nei diversi periodi d’imposta in base al grado di realizzazione dei lavori.
Il metodo dello “stato di avanzamento dei lavori si applica obbligatoriamente alle opere la cui esecuzione ha avuto inizio a decorrere dal 1° gennaio 2007, poiché la legge finanziaria per il 2007 ha soppresso il comma che consentiva di applicare alla valutazione delle commesse ultrannuali il metodo alternativo del “costo”. Le rimanenze finali di lavori in corso su ordinazione dovranno essere determinate, pertanto, nei singoli esercizi in base ai corrispettivi liquidati in proporzione allo stati di avanzamento dei lavori (SAL).
Pertanto per le rimanenze ex art.93 assume indubbia centralità lo stato di avanzamento dei lavori (SAL), che il legislatore fiscale ha scelto come criterio più conforme al principio di competenza economica, permettendo di ripartire (di fatto) l’utile della commessa tra gli esercizi in cui viene svolta l’attività, e quindi consentendo l’iscrizione in bilancio tanto dei costi quanto dei ricavi man mano che il lavoro procede. Assicurando così la corretta contrapposizione tra costi e ricavi (cd. principio della “maturazione correlata “ costi-ricavi).
Per tale ragione il sistema di avanzamento lavori è ontologicamente incompatibile con il principio di cassa che governa il reddito di lavoro autonomo.
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