Le conseguenze derivanti dal fallimento per i soci delle società di persone sono affrontate dagli articoli 147-149 della Legge fallimentare.
Considerato che il soggetto sottoposto al fallimento è l’imprenditore, anche non commerciale, purchè non piccolo, è sembrato opportuno allo stesso Legislatore puntualizzare che il fallimento di una società in nome collettivo o in accomandita semplice oppure in accomandita semplice per azioni produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.
La disposizione “pur se non persone fisiche” è stato inserito al fine ultimo di chiarire che falliscono per estensione anche le eventuali società (sia di capitali che di persone), socie di società di persone, ai sensi dell’articolo 2361, secondo comma.
Viene disposto che in questo caso il fallimento dei soci non può essere dichiarato, decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata, se sono state osservate le formalità per rendere noti i fatti indicati a terzi, recependo le conclusioni della sentenza della Corte costituzionale del 21 luglio 2000, n.319.
L’articolo 147 L.F. afferma, innovando rispetto al sistema esistente prima delle riforme, che il fallimento dei soci illimitatamente responsabili non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitatamente, anche in caso di trasformazione, fusione, scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati.
L’articolo 149 L.F. prevede che il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il fallimento della società.
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