19 settembre 2018 – L’euroscettico che non ti aspetti: Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review e premier in pectore prima dell’incarico a Conte, parla di euro ed Europa con toni critici, anche se ovviamente tiene a sottolineare come le sirene sovraniste non aiutino a risolvere i problemi. In una intervista a ItaliaOggi, Cottarelli tocca tutti i temi più sensibili del momento politico ed economico dell’eurozona. Sottolineando come “senza l’euro l’Italia sarebbe cresciuta di più” ma allo stesso tempo “uscirne ora costerebbe troppo”.
Italia ed euro
“L’Italia senza l’euro sarebbe cresciuta di più negli ultimi 20 anni. Qualcosa è andato storto. Al tempo stesso dico due cose. Primo: è sbagliato uscire dall’euro; i costi sarebbero troppo elevati e noi possiamo crescere restando nell’euro. Anche più degli altri. Secondo: non siamo incompatibili con l’euro; siamo solo entrati nella moneta unica, pensando di poter fare quello che facevamo in passato. Cioè, avere una inflazione più alta che in Germania, un aumento dei costi del lavoro per unità di prodotto più alto che in Germania, e così via. Questo nei primi dieci anni dell’euro. Poi le cose sono cambiate: ci siamo messi a posto. Ma ci portiamo dietro un gap di competitività accumulato, devastante per la nostra crescita”.
Diminuire la burocrazia
Primo problema italiano, secondo Cottarelli, resta la troppa burocrazia: “le sole pmi italiane spendono ogni anno 30 mld per compilare moduli. Poi ci sono due problemi enormi: lentezza della giustizia e tassazione troppo elevata. Ma quest’ultima si può ridurre solo se si trovano finanziamenti sul lato della spesa, non prendendo a prestito i soldi”.
Il problema Germania
Cottarelli non manca di ammettere come le politiche della Germania vadano spesso in direzione opposta ad una vera armonizzazione dell’Ue: “su avanzo primario e commerciale non c’è obbligo di restare entro un certo limite, ma una raccomandazione: se l’avanzo sui conti con l’estero supera il 6% indica uno squilibrio. Ma Berlino non viola i trattati. Forse ci vorrebbe una regola di questo genere, ma non c’è. È vero però che la Germania non sta facendo una politica di conti pubblici nell’interesse dell’Europa. E nemmeno nel suo interesse. Se un paese ha un avanzo con l’estero dell’8% vuol dire che produce per gli altri. È assurdo. Il consumo interno tedesco potrebbe essere più alto se l’avanzo fosse più basso. Se Berlino spendesse un po’ di più nei conti pubblici, avesse un avanzo più basso o, addirittura un deficit (richiesto dalle sue stesse regole) l’Europa starebbe meglio. E la Germania pure. I tedeschi hanno esagerato in senso opposto al nostro: con un accordo tra imprenditori e sindacati ha tenuto un aumento del costo del lavoro pari a zero per 10 anni, non coerente con l’obiettivo di avere un’inflazione in Europa dell’1,5-2%. Berlino ha sbagliato in una direzione, Roma nell’altra: il risultato è stato una perdita di competitività dell’Italia rispetto alla Germania”.
Interessi particolari
Li ho visti. Nelle negoziazioni ognuno cerca di fare il proprio interesse. Al Fmi rappresentavo l’Italia e altri 5 paesi del Mediterraneo. Avevo a che fare coi rappresentanti francese e tedesco. C’era un meccanismo di coordinamento: sulle cose minori ci coordinavamo, su quelle importanti ognuno metteva l’interesse immediato del proprio paese davanti a quello della comunità. Bisogna cambiare, ma per cambiare è necessario che l’Europa cambi. Ci sentiamo poco europei. I paesi mettono sempre l’interesse del proprio stato davanti a quello dell’Europa. Questo va superato”.
Reddito di cittadinanza
“In tutti i paesi Ue c’è una forma di reddito minimo garantito, ma nei termini in cui è stato promesso in Italia, 800 euro, è rispetto al reddito pro capite italiano, il più alto d’Europa. Faranno qualcosina, dovranno trovare le coperture. L’Iva non sarà aumentata, anche se sarebbe servito a ridurre il deficit. Ci sarà un rinvio delle promesse al 2020/21. Ma prima del ’21 magari ci saranno nuove elezioni”.
Il problema Italia
“Ho frequentato gli uffici del Fmi. Nelle istituzioni internazionali c’è la preoccupazione che in Italia ci sia una ripetizione della crisi del 2011. Abbiamo ancora il secondo debito pubblico più alto in Europa e il tasso di crescita più basso dell’area euro”.
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