La Corte Cassazione si è pronunciata sulle responsabilità del commercialista in riguardo alla compilazione e invio delle dichiarazioni.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 49570/15 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato che nel caso in cui un commercialista acquisisca e/o registri fatture o altri documenti falsi, non è perseguibile per alcun reato se a ciò non segua presentazione fiscale in cui siano stati inseriti detti documenti falsi. In buona sostanza, dunque, il principio fondamentale che porta alla rilevanza penale, sta tutta nella reale presentazione di false fatturazioni, non nella mera registrazione. Il caso prende origine da una sentenza della Corte d’appello che aveva condannato un commercialista, reo secondo tale Corte di aver fatto da tramite tra una società estera che emetteva fatture false e suoi clienti, destinatari di tali fatture, che così evadevano le imposte. In realtà, il commercialista aveva limitato la sua azione alla registrazione di tali documenti. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza dell’Appello, in quanto, nelle contestazioni, non vi era alcuna traccia di presentazione di dichiarazioni annuali riportanti componenti passive fittizie.
I Giudici di Cassazione, hanno chiarito, infine, che il reato, ossia la dichiarazione fraudolenta, affinchè si consumi deve avere come presupposto fondamentale la presentazione fiscale contenente gli elementi falsi.
Il medesimo dispositivo di legge, all’articolo 6, stabilisce che non è neppure ipotizzabile il tentativo di reato se l’azione del professionista è limitata all’accettazione e registrazione dei documenti fraudolenti, senza conseguente presentazione fiscale contenente tali effetti. Come accade frequentemente negli ultimi tempi, la Suprema Corte è chiamata a intervenire per dare corretta applicazione a varie leggi in materia fiscale, a riprova di quanto le leggi che regolano la materia siano, quantomeno, confuse o affatto univocamente interpretabili, dando ancora più difficoltà in un campo già non facile.