Lavoratore dipendente e professionista occasionale: ok all’accertamento standard da parametri se il contribuente rifiuta il contraddittorio.
Il lavoratore subordinato che esercita solo saltuariamente l’attività libero professionale, non può avere da quest’ultima sempre un reddito negativo. Il fatto che svolga l’attività in via OCCASIONALE, non preclude l’accertamento all’Ufficio l’accertamento basato sui parametri, quando la disapplicazione deve essere obbligatoriamente oggetto di CONTRADDITTORIO.
Le risultanze del CONTRADDITTORIO tra AGENZIA DELLE ENTRATE e contribuente, con inviti sempre disertati, non pregiudicano l’impugnabilità dell’ACCERTAMENTO, visto che la commissione tributaria può valutare in piena autonomia sia la legittimità dell’applicazione dei parametri, alla fattispecie esaminata sia la prova contraria opposta dal contribuente.
L’Ufficio è comunque legittimato ad emettere l’AVVISO DI ACCERTAMENTO in base ai parametri, documentando L’iMPOSSIBILITA’ DELL’INSTAURAZIONE DEL CONTRADDITTORIO, qualora gli inviti notificati al destinatario sono stati sempre ignorati.
Con la sentenza n. 22698 del 4 ottobre 2013, La Corte Suprema di Cassazione ha riconosciuto al PROFESSIONISTA di potersi difendere in fase amministrativa dall’accertamento basato sull’applicazione dei parametri, essendo costruiti su presunzione semplice, anche senza essersi presentato agli inviti al CONTRADDITTORIO proposti dall’Ufficio.
La fattispecie di causa.
Un contribuente esercente l’attività PROFESSIONALE di geometra, avendo ricevuto un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio in applicazione dei parametri aveva rideterminato i maggiori compensi presunti in lire 17.836.000, per l’anno 1996, con conseguente rettifica del reddito di lavoro autonomo dichiarato da ─ 3.363.000 negativo a lire a 14.200.000 positivo.
IL PROFESSIONISTA IMPUGNANDO L’AVVISO DI ACCERTAMENTO IN CTP, contestava l’illegittima applicazione dei parametri, in quanto l’Ufficio non avrebbe tenuto in considerazione il fatto che FOSSE DIPENDENTE A TEMPO PIENO di una azienda privata e che l’attività DI PROFESSIONISTA fosse era esercitata SOLO IN VIA RESIDUALE E OCCASIONALE.
La Commissione tributaria provinciale dava ragione al contribuente annullando l”accertamento.
Nell’appello proposto dall’ UFFICIO la CTR, in accoglimento parziale delle doglianze proposte dall’ Amministrazione, DETERMINAVA il reddito imponibile del PROFESSIONISTA in 9 milioni di lire precisando che l’accertamento basato sull’applicazione dei parametri pur essendo assistito da presunzioni semplici, erano gravi precise e concordanti; per cui operava l’inversione dell’onere della prova incombente sul contribuente che doveva provare le cause dello scostamento tra il reddito accertato e quello dichiarato IN PERDITA.
L’esistenza di solo costi lasciava preludere a una anti-economicità illogica non plausibile. In tal modo sulla base dei dati e degli elementi contabili contenuti NELL’ACCERTAMENTO si poteva dedurre che LA RETTIFICA emessa dall’ Ufficio avesse dei sufficienti presupposti; con la conseguenza di aver rideterminato il reddito imponibile in 9 milioni di lire.
Ma il geometra non soddisfatto impugnava per Cassazione la sentenza suddetta.
La pronuncia della Cassazione.
Nel ricorso IL PROFESSIONISTA lamentava:
violazione e falsa applicazione della legge;
contraddittoria motivazione in riferimento a differenti aspetti dell’impugnata sentenza;
errata decisione della CTR che stabiliva la logicità del reddito accertato tramite parametri con presunzioni , gravi, precise e concordanti senza alcun riscontro indiziario o di prova di evasione;
errato convincimento di non plausibilità della perdita dichiarata di lire 3.636.000, in quanto il contribuente era lavoratore dipendente a tempo pieno;
mancata precisazione dei motivi della decisione di secondo grado che riteneva l’accertamento parzialmente.
La Cassazione, nell’esame di entrambi i motivi del ricorso, li dichiarava entrambi INFONDATI.
I giudice della Corte Suprema richiamavano consolidata e costante giurisprudenza che si basava sul seguente principio di diritto:
– L’accertamento da studi di settore o parametri determina un sistema di presunzioni semplici i cui caratteri di gravità, precisione e concordanza non sono definiti per legge, in base alla constatazione del semplice scostamento tra reddito dichiarato e gli “standard” derivante da applicazione di studi di settore o parametri, ma si verificano solo durante il contraddittorio con il contribuente, che bisogna attivare obbligatoriamente a pena di nullità dell’accertamento.
In sede di contraddittorio, il contribuente è investito dell’onere di dimostrare l’esistenza di condizioni che possano ragionevolmente far ritenere che la propria attività professionale debba essere esclusa dall’ applicazione dei parametri.
L’ufficio DURANTE LA STESURA delle motivazioni dell’avviso di accertamento, deve tenere in debito conto le ragioni contestate dal contribuente e i motivi di disaccordo.
Le risultanze del contraddittorio non costituiscono, però, motivi ostativi ai fini di un’autonoma impugnabilità dell’accertamento, in quanto ciò limiterebbe tale facoltà e circoscriverebbe le valutazioni del giudice tributario chiamato a valutare, nel concreto, tanto l’applicabilità dei parametri da parte dell’ufficio quanto le giustificazioni addotte dal contribuente, per l’appunto, in sede di contraddittorio. Quest’ultimo può ricorrere a presunzioni semplici che si svincolino dalle ragioni portate in ambito di procedimento amministrativo anche nell’ipotesi che sia rimasto inerte all’ invito proposto dall’ Ufficio.
Ma, in quest’ultimo caso, il contribuente dovrebbe far fronte alle conseguenze di tale comportamento correlate all’applicazione automatica degli “standard” da parte dell’ufficio, in quanto impossibilitato a ricostruire le prove da porre a base della propria attività di accertamento.
Il giudice di merito, in tal caso, può liberamente valutare la mancata risposta all’ invito da parte del contribuente.
Quindi, la Cassazione ha giudicato corretta sia la ricostruzione logico-giuridica seguita dalla CTR, sia la concreta applicazione dei principi sopra indicati.
Il giudice dell’ appello ritenendo di rettificare in 9 milioni di lire il reddito imponibile di lavoro autonomo percepito dal ricorrente, ha motivato sufficientemente la sua decisione sulla base dei dati dichiarati e tenendo presente SICURAMENTE della richiamata OCCASIONALITA’ dell’attività professionale.