Alla Camera, ieri, il premier Giuseppe Conte ha incassato la seconda fiducia ed ha ripreso gli argomenti del Senato parlando di un “vasto programma di investimenti pubblici infrastrutturali che potrebbe essere attuato e finanziato in deficit senza creare un problema di sostenibilità dei debiti pubblici”.
Si è parlato di nuovo di flat tax, per la quale nutriamo grandi perplessità; sia perché le minori tasse saranno beneficiate dai redditi più alti, e sia, soprattutto, perché non piacerà alla Commissione Europea (come non piace a noi) non sapere da dove arriveranno precisamente i 50 miliardi di risorse occorrenti per applicare solo le due aliquote fisse previste dalla flat tax del 15% fino a 80.000 euro e del 20% oltre gli ottantamila euro di reddito.
La maggiore capacità di spesa che porterà sicuramente maggiori introiti, non è valutabile, non è certa nel valore, e sicuramente non potrà passare per l’aumento dell’IVA dal 22 al 24,2, perché sarebbe una doppia beffa per i redditi bassi. Da una parte, infatti, la flat tax non permette risparmi di imposta ai redditi bassi, dall’altra con l’aumento dell’IVA sarebbe una vera e propria “Caporetto” per le famiglie in difficoltà dovendo subire come privati l’aumento dell’IVA che evidentemente colpisce in maniera eguale tutti gli italiani.
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