Sulla competitività fiscale l’Italia l’Italia è al posto 137° su 187 Paesi.
In merito a competitività fiscale l’Italia ha ancora tanta strada da fare, e tutta in salita, pur notando che alcune riforme importanti sono state varate, mentre altre dovranno ancora entrare in vigore ed essere ufficializzate.
Le statistiche di questo ultimo periodo parlano di un triste “total tax rate” in Italia che resta al primo posto negativo tra tutti i Paesi dell’area europea, considerando l’Unione Europea e tutti gli Stati a libero scambio.
L’anno passato le imprese italiano hanno pagato allo Stato, tra tasse e contributi, il 64,8% dei profitti commerciali conseguiti.
Quest’anno la percentuale è salita al 65,4%, in attesa degli effetti delle Riforme.
La misura del “total tax rate”è dato dalla media tra i Paesi Efta (pari al 40,6%) e degli altri Paesi mondiali (pari al 40,8%).
Il rapporto “Paving taxes 2016″, da cui emerge questo studio, è stato elaborato dalla Banca Mondiale e diffuso nei giorni scorsi a Varsavia e quindi presentato subito dopo proprio in Italia presso il Ministero dell’Economia.
Dallo Studio emerge che l’Italia, in tema di competitività fiscale, ha “il poco orgoglioso” posto numero 137 su 189 Paesi in osservazione.
Il direttore del Dipartimento delle Finanze Fabrizia Lapecorella durante questa presentazione, ha comunque precisato che l’Italia ha registrato, negli ultimi dieci anni (2004-2014), un netto miglioramento degli indicatori, con il carico fiscale totale sul groppone delle imprese sceso dal 76% al 64,8%.
Importante è anche segnalare che gran parte del “total tax rate” è composte dal cuneo fiscale sul lavoro.
Volendo lasciare una opinione, possiamo asserire, che il problema delle tasse in Italia, nasce da un aumento abnorme del debito pubblico (che produce tanti interessi da pagare in tasse) occorso alla politica per finanziare enti inutili e improduttivi, stipendi che non producono ricchezza ma solo voto di scambio e tanta evasione soprattutto ai piani alti.
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