La Cassazione ha stabilito che in caso di frode fiscale, oltre al contribuente, ne è responsabile anche il commercialista che ha partecipato alla operazione di evasione fiscale tramite fatture false.
Questa nella buona sostanza le motivazioni che i giudici di legittimità hanno argomentato nella sentenza n° 23522 del 5 giugno 2014, che ha visto la condanna di un commercialista per concorso in reato di frode fiscale.
Da oggi quindi nella ipotesi di frode fiscale (perseguibile penalmente), oltre al contribuente, sarà condannato anche il commercialista che ha presentato in via telematica la dichiarazione dei redditi, che contiene l’indicazione di costi derivanti da fatture inesistenti, per concorso in reato.
Chiaramente affinché il commercialista subisca la condanna per concorso in reato bisogna provarne la complicità con il contribuente, con fatti oggettivi.
Il concorso in reato del commercialista scatta quindi solo quando venga provata la totale connivenza del professionista nella pianificazione e messa in opera del progetto di evasione anche con la partecipazione di altre società alle quali il professionista presta consulenza sulle false fatturazioni, con la prova del danno cagionato all’Erario.
Il reato prevede anche la possibilità di applicare la custodia cautelare.
Nulla di più giusto, quando un commercialista più che essere un esperto di fisco, si occupa di aggirare le norme e mettere in atto condotte delinquenziali che poco hanno a che fare con la sua professione.