“All’Italia serve un piano industriale. La crisi non è alle spalle” è quanto commenta il Ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda in un’intervista per La Repubblica.
Secondo il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in trent’anni di storia industriale italiana, nessuno e mai nessuno ha fatto davvero niente per salvare le imprese della nostra Penisola.
Secondo lo stesso Calenda i vari Governi che si sono susseguiti nel tempo e negli anni non si sono mai interessati al mondo imprenditoriale italiano e, si pensi che “dal 2007 al 2014 l’Italia ha perduto il 25% della propria base manifatturiera, la ragione è proprio questa“.
Una crisi violenta quella scoppiata nella storia industriale recente; tuttavia, nei primi sei mesi dell’anno 2017 l’export italiano è raddoppiato rispetto a quello della “cugina” Francia e la produzione dell’industria italiana ha ripreso finalmente il suo sentiero di espansione.
“Le imprese hanno dimostrato di reagire positivamente alle riforme. La crescita economica è anche la conseguenza di alcune misure quali il piano industria 4.0, il Jobs act, i tagli al’Irap e all’Ires. Industria 4.0 prevede incentivi automatici che premiano solo chi investe“, ha commentato Carlo Calenda continuando a sottolineare che “con l’iperammortamento chi acquista un macchinario digitale risparmia il 36% di tasse. Un terzo glielo paga lo Stato“.
Calenda ha riflettuto e commentato la situazione occupazionale giovanile facendo notare ancora iìuna volta che “I giovani senza lavoro sono milioni […] la strada è ancora lunghissima […] anche se c’è stato un recupero di 800 mila posti del milione e 100 mila perduti con la crisi. Il tema dell’occupazione rimane centrale”.
Calenda anticipa che nella prossima legge di bilancio si lavorerà in tema di decontribuzione per le assunzioni occupazionali giovanili e verrà varato un credito d’imposta per la formazione a supporto delle professioni a rischio.
Il Ministro dello Sviluppo economico commenta in maniera assolutamente positiva la policy di Gentiloni: “Potrei dire che le cose sono ben avviate, ma non affatto risolte. E il rischio di trovarci di fronte a una prossima legislatura caotica esiste […] Stiamo attraversando un crocevia della storia molto pericoloso. E per l’Italia il vero rischio è che alla fragilità dell’economia che va pian piano migliorando si aggiunga ora la fragilità di una governance debole e poco efficiente. Penso che il referendum costituzionale sia stata una grande occasione persa“.
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