L’azione di risarcimento danni «contro l’amministratore» promossa dai soci, a seguito di prosecuzione non autorizzata dell’attività societaria, anche dopo il verificarsi di una causa di scioglimento come la “riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo” potrà riferirsi solo alla “perdita incrementale” derivante dalla prosecuzione stessa e non “alle intere perdite societarie” successive allo scioglimento, non imputabili quindi all’amministratore.
Nel caso quindi l’azione di responsabilità contro l’amministratore sia basata sul presupposto della violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni per conto della società, a seguito di scioglimento dovuto alla riduzione del capitale sociale al di sotto dei limiti, previsti dall’art. 2477 del codice civile, non si giustifica, senza puntuale verifica dei fatti gestionali.
L’imputazione dei danni a carico dell’amministratore dovranno riferirsi esclusivamente alla “perdita incrementale dovuta alla prosecuzione dell’attività societaria per iniziativa dell’amministratore medesimo” e non all’intera perdita RILEVATA dopo il concretizzarsi della causa di scioglimento.
Difatti tale perdita successiva allo scioglimento, potrà essere addebita solo in parte all’amministratore che incautamente ha proseguito l’attività, in quanto la stessa perdita potrà realizzarsi anche per i costi in dipendenza della liquidazione o per la svalutazione dei cespiti aziendali.
Questo quanto stabilito dalla I sezione della Cassazione, con la sentenza del 23 giugno 2008 n. 17033.