La notizia di reato tributario non sempre raddoppia i termini per l’accertamento.
Recenti sentenze dei giudici di merito hanno affermato l’illegittimità della segnalazione di reato da parte dell’Amministrazione.
1) Normativa sui termini per l’accertamento.
I termini per l’accertamento tributario sono fissati “al 31 dicembre del quarto anno successivo” a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi; in presenza però di un reato tributario il termine di decadenza si raddoppia, e l’Ufficio potrà emettere l’accertamento “entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo” a quello di presentazione della dichiarazione.
In caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi i termini per l’accertamento ordinario restano fissati alla medesima data in quanto l’esperimento dell’accertamento si prescrive entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell’anno oggetto di verifica, mentre in caso di reati tributari si prescrive invece un anno dopo, ossia entro il 31 dicembre del decimo anno successivo a quello dell’anno oggetto di verifica.
Ad esempio entro il 31 dicembre 2013, si prescrive l’accertamento per la dichiarazione dei redditi presentata nell’anno 2009 relativa all’anno 2008.
Entro il 31 dicembre 2013 si prescrivono i termini per l’accertamento relativo all’anno 2008 in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.
Quando invece il contribuente, ad esempio per lo stesso anno 2008, abbia commesso un reato tributario, gli Uffici finanziari protranno emettere nei suoi confronti l’avviso di accertamento fino al 31-12-2017 (nel caso abbia presentatato la dichiarazione dei redditi Unico-2009 anno 2008) e fino al 31-12-2018 (nel caso in cui invece il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi Unico-2009 anno 2008).
2) Sentenze delle Commissioni sui termini per l’accertamento.
Varie sentenze dei giudici di merito hanno dichiarato illegittima la richiesta del raddoppio dei termini per l’accertamento, esperita dall’Amministrazione finanziaria, quando la segnalazione di reato sia solo strumentale allo stesso prolungamento dei termini di prescrizione. Vale a dire quando l’Agenzia delle Entrate, al solo scopo di ottenere la possibilità di riaprire i termini per emettere l’accertamento, per un anno già prescritto, effettui la segnalazione alla Procura.
Ciò in ossequio all’Ordinanza n. 247-2011 della Corte Costituzionale, emessa appena due anni fa.
Nella sentenza della Consulta prima viene precisato che è legittimo il raddoppio dei termini di decadenza quando i verificatori scoprano un reato tributario perpetrato dal contribuente dopo il decorso dell’ordinario termine di decadenza (31 dicembre del 4° anno dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, 31 dicembre del 5° anno dall’anno da verificare in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi).
La stessa ordinanza, però, continuando, recita che “per evitare l’utilizzo strumentale – da parte degli Uffici fiscali – della comunicazione alla Procura della notizia di reato, al solo scopo di «riaprire» anni d’imposta non più verificabili, ha puntualizzato che è obbligo del giudice di merito valutare, con i motivi di impugnazione, la presenza dei presupposti inviolabili degli estremi di denuncia (da parte dell’Amministrazione)”.
Ciò come detto al fine di evitare che l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza, dispongano la comunicazione alla Procura al solo scopo della riapertura dei termini di decadenza di anni prescritti, quando non vi sia l’obbligo di denuncia, in presenza di reati solo presunti e non supportati da elementi reali o di reati la cui prescrizione penale sia già intrevenuta.
Anche se per l’Agenzia delle Entrate – con la circolare 54/E del 2009 – ha affermato che il raddoppio dei termini si realizza a prescindere dall’esito del procedimento penale.
Infatti nelle ultime sentenze delle Commissioni tributarie è stata data maggiore attenzione al controllo sulla legittimità del raddoppio dei termini e alla validità della notizia di reato.
Alcune pronuncie:
La CTR Umbria (con le sentenze n. 237-1-11 e 41-02-2012) ha affermato che se il reato tributario è già prescritto, l’amministrazione finanziaria non può chiedere il raddoppio dei termini per l’accertamento. Come ha fatto anche la CTP di Vicenza (con la sentenza n. 824-1-12) e la CTP di Ancona (con la sentenza n. 102-2-13).
Queste sentenze dichiarano meramente strumentale e pretestuosa, la denuncia alla Procura per il raddoppio dei termini per l’accertamento, quando sia già intervenuta la prescrizione del reato.
Si ricorda in tal senso che prima dell’entrata in vigore dei nuovi termini di prescrizione dei reati tributari, avvenuta in data 17-9-2011, questi non erano più contestabili decorsi 6 anni dalla commissione del reato, che si allungavano a 7 anni e mezzo in caso di cause interruttive. Dal 17 settembre 2011, con la riforma contenuta nel Decreto Legge n. 135-2011, i termini di prescrizione dei reati tributari sono passati da SEI ad OTTO anni. Eccezion fatta per le violazioni penali relative ad omessi versamenti, indebite compensazioni e sottrazione fraudolenta d’imposte, per le quali continuano ad applicarsi i precedenti termini di 6 anni.
Ritornando al tema, nel caso in cui il contribuente riceva una notizia di reato, per un anno già prescritto che sottointende al raddoppio dei termini per l’accertamento, potrà produrre opposizione, chiedendo alla Commissione Tributaria la verifica degli obblighi di denuncia alla Procura da parte dell’Agenzia delle Entrate. Nel caso i giudici di merito non ritengano congrua la richiesta di raddoppio dei termini, l’accertamento è invalido per decorso dei termini.
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