La verifica fiscale in azienda con durata superiore a 30 giorni è comunque valida, poiché detto termine, secondo la Cassazione, non è perentorio ma meramente ordinatorio.
Lo Statuto del Contribuente “infatti” all’art 12, comma 5 (Legge 212/2000) ha previsto un termine massimo di permanenza dei verificatori presso l’azienda che non deve essere superiore a 30 giorni lavorativi prorogabili per altri 30 in particolari condizioni di complessità del controllo.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26732 del 29 novembre 2013 ha affermato che detto termine ha natura meramente «ordinatoria» per cui sono «legittimi gli atti contestati successivi ai 30 giorni di verifica».
Secondo i Giudici togati il termine massimo di 30 giorni lavorativi di verifica presso il contribuente, non è perentorio in quanto non esistente norma che lo disponga, per cui in mancanza si intende termine di natura ordinatoria.
A cagione di tale asserzione gli atti emessi, successivi alla verifica fiscale, dopo il decorso di detto limite temporale sono pienamente legittimi.
La Sentenza come detto si riferisce alla norma contenuta nello Statuto del contribuente, che stabilisce il tempo di verifica fiscale massimo presso la sede dell’impresa.
Tale termine è di 30 giorni lavorativi come previsto dall’art. 12 co. 5 della legge 212/2000 che recita: “la permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio” ed è da ritenersi ordinario e non perentorio, come detto dai giudici della Cassazione.
Il termine suindicato secondo la Cassazione non è perentorio né prevede la nullità degli atti accertativi. Gli atti compiuti dopo il decorso di tale termine di verifica fiscale in azienda sono validi in quanto «ricavabili dalla ratio della norma» che è da interpretare come limite al potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione” (Cassazione 17002/2012 e 14020/2011).
La posizione dei giudici della Cassazione va oltre l’interpretazione letterale della disposizione, per cui il concetto di “permanenza” non coincide con la “durata complessiva della verifica” in quanto il suo superamento non pregiudica la legittimità degli atti ad essa connessi.
Da ciò deriva che il mancato rispetto dei termini previsti dall’art. 12 dello Statuto del contribuente non determinano l’illegittimità degli atti consequenziali alla verifica fiscale quali il processo verbale di contestazione e l’avviso di accertamento.
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