La questione sulla crisi e sui problemi che riguardano i due maggiori istituti di credito del territorio veneto, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, è critica e richiede interventi innovativi e nuove forme di provvedimento pubblico. Inganni e pressioni illecite sull’azionariato, sono queste le accuse principali a danno dei due istituti principali del Veneto, un crac che supera quello di Parmalat con un azzeramento del valore azionario che ha colpito ben 210.000 azionisti. Si parla di una perdita di 4 miliardi di euro quella che ha “scosso” nell’ultimo triennio i bilanci bancari e si stima che la perdita sia di ben 31 miliardi di euro, di raccolta diretta e indiretta, eclissatisi dai bilanci dal 2013 ad oggi.
Un “buco” impressionante nei bilanci di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca che avrà come conseguenza quella di minare profondamente tutte le imprese del Nord Est e i piccoli istituti di credito locali. LE cause della crisi strutturale e cronica che vede questi due principali istituti di credito al collasso sono da rinvenirsi nella debolezza “intrinseca” della vesta giuridica, la forma cooperativa che mostra una struttura finanziaria rigida e poco snella e flessibile alle attuali esigenze di variabilità nelle scelte strategiche e decisionali; non solo, la crisi economica che morde e le difficoltà sempre più forti che concernono la sofferenza dei crediti ed il più alto costo di indebitamento. Infine, ed è forse questa la causa più rilevante che contraddistingue l’intera vicenda Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca è quella che riguarda difficoltà di “governance” determinate e cagionate dalla presenza di un top management troppo rigido e che non scende a compromessi: l’avidità di Consoli per Veneto Banca e di Zonin per la Banca Popolare di Vicenza.
Ora, si chiama in causa la vecchia Dirigenza e la Società di Revisione che ha assegnato un valore, un prezzo al titolo azionario quando, poi, si sono rivelate carta senza valore monetario. Sono stati chiamati in causa l’ex top e i revisori, i maggiori problemi e le criticità riguardano i fondi esteri, il capitale finanziato e la concessione di credito senza sufficienti garanzie. All’epoca della Dirigenza di Zonin si intravedono “gli stessi nomi tra i soci preferiti che sono riusciti a vendere le azioni quando ormai non era più possibile, che sono riusciti a ottenere milioni di credito mai restituiti e che hanno compiuto operazioni speculative, loro sì, guadagnandosi, a discapito di tutti i risparmiatori che ne hanno subito le conseguenze con l’azzeramento dei loro risparmi”, è quanto rivela la Federconsumatori a proposito dell’egoismo, delle pratiche illecite e fraudolente messe in atto dal Top Management delle Banche. Accusa grave anche nei confronti degli Organi di Vigilanza e degli Organi di controllo, i Revisori. Tuttavia, sull’intera vicenda a subire grandi perdite sono i risparmiatori; sulle sorti venture delle banche spunta un’ipotesi di fusione tra i due istituti di credito.