Fisco, subito dopo il colosso americano ecco nel mirino anche il motore di ricerca più potente e utilizzato sul web
Fisco, un altro bersaglio da annientare. Dopo che nel mirino del Fisco c’è stato il colosso americano di tecnologia Apple, ora tocca a Google, il motore di ricerca più utilizzato sul web da parte degli utenti di tutto il mondo. Il Fisco italiano ha aperto quattro inchieste che dopo Apple, in rotta con l’Agenzia delle Entrate, ha prodotto in Google situazioni non chiare e tutte da decifrare. Google è accusato di avere dei profitti alti sul mercato italiano, e con lui anche Amazon, Facebook e Western Digital, un gruppo USA che produce hard disk.
Google è il colosso tra i motori di ricerca del web che è guidato da Sundar Pichai ed è in mezzo ad un’indagine a carico di ignoti che riguarda una maxi evasione fiscale da un miliardo di euro che la stessa multinazionale californiana avrebbe realizzato per non pagare in Italia le tasse relative ai vari contratti pubblicitari con i clienti locali. Così come nel caso precedente che ha riguardato da molto vicino Apple, Google è entrato nel mirino del Fisco italiano e il contenzioso ammonta ad una somma totale di un evasione fiscale pari a 150 milioni di euro. L’inchiesta appena chiusa a Milano riguarda invece da vicino Western Digital, il gruppo USA che produce hard disk, al centro di un caso di ipotizzata esterovestizione. dalla Procura di Milano la spiegazione è chiara con le dichiarazioni che intervengono sulla situazione delicata e che secondo la Procura milanese costituisce un precedente internazionale che può aprire la via per la regolarizzazione dei rapporti tra l’Italia e le multinazionali. Una situazione davvero intricata che può mettere nei guai dopo Apple anche Google, due ei colossi americani tecnologici più grandi dell’ultimo millennio. Quando i guai con il fisco saranno risolti, resterà però il procedimento penale a carico di tre manager: l’amministratore delegato di Apple Italia Enzo Biagini, il direttore Mauro Cardaio e il manager della Irlandese Apple Sales International, Michael Thomas O’Sullivan, che sono tutti accusati di omessa dichiarazione.