La tassazione immobiliare è un impedimento notevole alla ripresa economica «del nostro Paese». Tanto più che sono tasse a regime e permanenti.
E’ stato “Mario Monti” a dare un poderoso giro di vite alla tassazione sugli immobili in Italia, con l’introduzione dell’abnorme I.M.U. e la riduzione della franchigia IRPEF sui canoni lordi dal 15 al 5%, che hanno di fatto bloccato il commercio degli immobili in Italia «a fini di investimento».
Probabilmente sarebbe stato meglio, in quel frangente (fine 2011) inserire una imposta straordinaria su tutti i redditi, per ridurre il deficit e calmierare lo spread e contemporaneamente operare una coraggiosa e vigorosa revisione della spesa, più che inserire
l’assistenza ai degenti e le pensioni.Oggi, il governo Renzi, per quanto stia predisponendo delle riforme importanti sul fronte fiscale, non ha tenuto conto che la tassazione immobiliare ha reso di fatto “inconveniente” investire nel mattone, «un fattore storicamente trainante della nostra economia». La sola riduzione della cedolare secca al 10% per le locazioni a canone concordato non è assolutamente sufficiente a rilanciare il settore in quanto abbraccia una piccolissima fetta della torta immobiliare:
- Non riguarda le locazioni di immobili strumentali all’impresa o all’attività autonoma.
- Non riguarda le locazioni a canone libero.
I danni al settore immobiliare sono derivati sia dai decreti del governo Monti che hanno introdotto l’IMU nel 2012 e “sia” dalla volontà di Silvio Berlusconi che l’ha poi fatta eliminare invece nel 2013, con il risultato che nel 2014, la tassazione immobiliare è diventata ancora più pesante, per non dire impossibile.
Di conseguenza il mercato degli immobili in Italia si è ridotto notevolmente, come pure i prezzi.
In precedenza gli immobili erano i principali beni rifugio: «chi aveva liquidità spesso la impiegava per l’acquisto di fabbricati anche strumentali allo scopo di cederli in locazione, e sebbene con una tassazione immobiliare elevata, l’acquisto di un fabbricato restava comunque un “asset conveniente”.
Oggi la tassazione immobiliare ha un effetto sandwich sui proprietari, per questo è drammaticamente aumentata l’offerta di fabbricati ad uso non abitativo, con la conseguente riduzione dei valori di mercato.
La causa di questo DETERIORAMENTO DEL MERCATO è stata da una parte l’aumento dell’IRPEF da pagare sugli affitti, e dall’altra la sproporzionata tassazione prevista dall’ IMU , molto più alta dell’ICI.
Entrambe, hanno eroso il margine di convenienza su tale tipologia di investimento.
Alla maggiore tassazione sugli immobili derivanti dai tributi locali con l’IMU e dell’imposta sui redditi delle persone fisiche per IRPEF e IRES (aumentando la base imponibile) si aggiungono le imposte indirette, di registro, ed ipo-catastali “che sono state ridotte per gli acquisti di immobili da utilizzare come prima casa” ed aumentate per l’acquisto di altri immobili a scopo di investimento.
A decorrere dal 1° gennaio 2014, i neo proprietari di prima casa beneficeranno di un’imposta di registro ridotta dal 3 al 2% con tetto di mille euro e 50 euro fisse per imposta ipotecaria e altrettante per imposta catastale.
Al contrario è aumentata la tassazione immobiliare indiretta per gli immobili di lusso, con l’imposta di registro passata dal 7 % al 9%. (Come previsto dalle disposizioni contenute nel «decreto istruzione» varato dal governo Letta il 9-9- 2013).
Aumentata a 200 euro invece l’imposta di registro da versare in misura fissa; tale rincaro si applicherà anche per le sole imposte ipotecarie e catastali che non sono relative a compravendite immobiliari a titolo oneroso.
L’aumento a 200 euro dell’imposta del registro (in misura fissa) riguarderà anche i conferimenti di immobili ai soci, tutti i soggetti ad Iva, i contratti di comodato e le operazioni di ristrutturazione come fusioni e scissioni.
A questo punto è necessario far diminuire la tassazione immobiliare, per evitare che un settore fondamentale della nostra economia, «possa sprofondare definitivamente».
Con la crisi del settore immobiliare sono a rischio tutte le attività correlate alla costruzione di immobili, ossia l’indotto prodotto indirettamente dalla costruzione e la vendita di fabbricati in Italia.
Durante la crisi molte aziende del settore edile sono fallite, in quanto hanno costruito in epoca ante-crisi nell’ottica di incassare ad un valore di mercato pre-crisi, mentre hanno potuto vendere ( “durante la crisi” cosa peraltro tutt’altro che facile) a prezzi molto inferiori a quelli prima presunti di mercato.
Quando non sono riusciti a vendere il costruito nè con prezzi congrui nè sottocosto i finanziatori hanno fatto istanza di fallimento e venduto all’asta gli immobili delle povere imprese prima solide.