Secessione: Grillo copia i nostri “Stati Uniti d’Italia”. Ma giusta la divisione…

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Il 23 febbraio 2014 abbiamo scritto: “Al Sud resta solo la secessione dall’Italia. Mazzini ha fallito è provato dalla storia”.

E adesso Grillo ci copia?

D’altronde “inventare e creare” è stata sempre una virtù dei campani,  dei siciliani e dei calabresi: infatti provengono da queste terre i top manager di grandi aziende italiane ed estere.

Ieri, il genovese ha scritto che l’unità  d’Italia è “un’arlecchinata”,  che fa solo del male all’intero popolo italiano, ai settentrionali come  ai meridionali e bisogna dividersi consensualmente in macro-regioni. Ha dichiarato l’inutilità di questo matrimonio nord-centro-sud, per cui la secessione non sarebbe una mostruosità, anzi un bene.

Ma anche noi del Sud vogliamo  “la secessione” ….. che non è un qualcosa di brutalmente arcaico, ma un modo per stare insieme diverso (e meglio) come “Repubblica o Stato Federale”.

Per la secessione e la divisione dell’Italia in macro-regioni o Stati Federali, siamo tutti consenzienti (al Sud come al Nord)  al centro come nelle isole.

Le nostre origini campane ci portano nostalgicamente a pensare al Regno delle due Sicilie (nota 1), uno Stato ricco, con forzieri pieni d’oro e Palermo e Napoli perle del Mediterraneo.

La famiglia reale dei BORBONE di Napoli si è sempre opposta alla inutile (oltre che depauperante)  unione d’Italia.

Ed avevano ben ragione perché Mazzini e Garibaldi oltre che Pisacane (sbarcato da dove vi scrivo ossia “SAPRI”)  (per mandato dei Savoia)  hanno voluto l’Unione d’Italia non “per fratellanza” ma per l’unico scopo di mettere le mani sui forzieri e le ricchezze del Regno delle due Sicilie.

L’unità d’Italia è stato un affare per nord e centro Italia, allo scopo di spalmare le ricchezze del Regno nelle terre della padania proprio dove Grillo e Salvini abitano. (e pensiamo che Salvini non ne abbia conoscenza).

Il Sud quindi, a parte il passato, e inutili sfottii  è il primo a volersi dividere restando sempre e comunque in “Italia”.

I meridionali sempre di più stanno scoprendo il bisogno di riprendersi la propria sovranità popolare, per riavere dignità e benessere.

Quindi secessione sia, se (come è chiaro) la politica italiana “accentrata formalmente su Roma” soffre a livello locale: con Regioni, Province e Comuni che devono auto-finanziarsi, mentre  i cittadini devono pagano le tasse alla capitale.

A parte qualche battuta siamo profondamente rispettosi dei cittadini di ogni parte d’Italia, come credo all’inverso, ma questo non c’entra nulla con la necessaria separazione meramente economica e politica.

G.A. Merola

Nota 1: sotto riportiamo un estratto dal sito “Real Casa di Borbone”.

Dopo l’Unità d’Italia, le riserve auree delle floride casse del Regno vennero completamente depredate e portate alNord. Perfino i macchinari delle fabbriche napoletane furono portati al Nord. Il Sud piombò di colpo in una situazione nefasta di sfruttamento, di desolazione e di miseria dalla quale non si è più ripreso. La colpa non fu certo di noi meridionali o dei sovrani borbonici, come vogliono farci credere quelli del Nord, bensì della brutale invasione e sottomissione del Regno da parte dei piemontesi.

Subito dopo la cosiddetta odiosa “liberazione”, furono indetti dei plebisciti in tutto il Regno, secondo l’usanza di quei tempi, in modo che potessero legittimare col voto l’opera di Garibaldi. Le votazioni si svolsero nella più completa irregolarità, assenza di segretezza ed in modo intimidatorio. Andarono a votare solo il 19% degli aventi diritto. Nei seggi elettorali, in cui erano presenti soldati piemontesi armati, c’erano in bella evidenza due urne con le scritte SI NO e un’urna centrale. Dopo la consegna dei documenti al presidente del seggio, si doveva estrarre la scheda dall’urna del SI o del NO e poi deporla nell’urna centrale. Stupisce che in tali assurde circostanze intimidatorie ci siano stati anche dei voti contrari all’Unità d’Italia. Si può facilmente dedurre che la maggioranza del popolo del Sud Italia era fedele al Re Borbone e non desiderava affatto l’unificazione della penisola sotto l’egemonia piemontese. Molti soldati borbonici fatti prigionieri non vollero prestare giuramento al nuovo re sabaudo e, per questo motivo, subirono ogni sorta di torture, umiliazioni, fucilazioni e deportazioni nel Nord Italia.

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