L’ASPI spetta ugualmente per licenziamento disciplinare.

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Per il licenziamento disciplinare del lavoratore per giustificato motivo o giusta causa soggettiva, permane il suo diritto all’ASPI, come spiegato dal Ministero del lavoro. 

Il Ministero del lavoro ha chiarito che in caso di “licenziamento disciplinare” del lavoratore, persiste il suo diritto all’indennità ASPI, e l’obbligo a carico del datore di lavoro del relativo versamento contributivo.

Il presupposto del diritto del lavoratore licenziato – per disciplina –  alla spettanza della indennità ASPI, e il dovere consequenziale dell’azienda al versamento dei contributi relativi (nelle fattispecie di licenziamento disciplinare dovuto a giustificato motivo o giusta causa soggettiva) è la disoccupazione involontaria, come ribadito dal Ministero, a nulla rilevando il motivo di tale mancanza di occupazione. 

Le cause di esclusione dal diritto dell’ex lavoratore al ricevimento dell’ASPI, e dei versamenti dovuti dal datore di lavoro, sono tassativamente previste per i casi di:

  • Dimissioni volontarie del lavoratore (escluse quelle per giusta causa oppure delle dimissioni accadute durante il periodo di maternità tutelato dalla legge);
  • Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

A parere autorevole del Ministero del lavoro, quindi, non si deve revocare il diritto all’ASPI al lavoratore licenziato, per cause disciplinari, così come anche chiarito dall’INPS, che sull’argomento è intervenuta con varie circolari (n. 140/2012, 142/2012, 44/2013) per inquadrare, senza perplessità, le ipotesi di esclusione della corresponsione dell’indennità ASPI e del dovere di versamento contributivo da parte del datore di lavoro, NON MENZIONANDO LE IPOTESI DI ESCLUSIONE PER LICENZIAMENTO DISCIPLINARE, tale da presumere con fondata certezza, che la stessa spetti comunque nei casi di licenziamento disciplinare. 

Anche la la Corte Costituzionale si era occupata della questione  con la sentenza n. 405/2001, con cui aveva stabilito l’ opportunità di corrispondere l’indennità di maternità, anche in caso di licenziamento disciplinare della madre lavoratrice.

In analogia a tale sentenza, anche nel caso attuale di un licenziamento disciplinare, può essere considerato adeguato corrispondere l’ASPI al lavoratore reo di licenziamento disciplinare, poiché tale negazione cagionerebbe una ulteriore ed eccessiva sanzione  comminatagli.

Per quanto detto,  non sembrano sussistere motivi:

– per non obbligare il datore di lavoro al versamento dei contributi previsti dall’ art. 2, co. 31 della Legge n. 92/2012, in quanto il versamento è obbligatorio “per le causali che, indipendente dal requisito contributivo, danno diritto all’ASPI”;

– e per negare al lavoratore licenziato il diritto all’erogazione dell’indennità ASPI, sebbene l’ipotesi di disoccupazione involontaria, potrebbe essere impugnata.

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