L’importo corrisposto dal promotore finanziario alla banca che gli ha affidato la gestione della clientela di un altro private banker, a titolo di risarcimento al “collega”, è deducibile dal reddito d’impresa nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio. Attraverso il contratto di cessione, infatti, non è trasferita la clientela del promotore finanziario “uscente”, ma solo una sorta di “diritto allo sfruttamento” della clientela stessa, assimilabile alla “licenza” di utilizzazione di un dato bene. I clienti, pertanto, restano della banca e non possono essere considerati come beni immateriali.
È quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 317 del 7 settembre 2020, con la quale spiega all’istante il motivo per cui deve far concorrere tale spesa alla determinazione del reddito d’impresa nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio (articolo 108, comma 1, Tuir) e non attraverso quote annue di ammortamento deducibili in misura non superiore al 50% del costo (articolo 103, comma 1, Tuir).
Il nocciolo della questione sta tutto nella qualificazione dell’operazione.
A parere del contribuente, infatti, si tratterebbe di un acquisto di clientela da inquadrare come bene immateriale,
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