Ripartire dopo il coronavirus. E farlo a partire dalle infrastrutture, dal ruolo che possono avere, assieme alla mobilità, in una prossima fase 2 che vedrà cambiare molte delle nostre abitudini. Il tema è stato al centro dell’incontro (digitale) «L’Italia che investe», condotto da Daniele Manca, vicedirettore del Corriere della Sera , che ha coinvolto nel dibattito la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, Andrea Gibelli, presidente del gruppo Fnm e Asstra, il rettore del Politecnico di Milano, Ferruccio Resta, e il presidente dell’Associazione industriali di Brescia e del gruppo Feralpi, Giuseppe Pasini. Ripartire significa puntare sui propri punti di forza e quindi (anche) sulla logistica, vera colonna vertebrale del Paese. E continuare a far correre su strada e rotaie la nostra economia è fondamentale anche alla luce delle previsioni dell’ufficio parlamentare di bilancio che parla di una flessione del 15% nei primi 6 mesi. Le infrastrutture sono da sempre un volano di crescita. Ma servono investimenti. «Da settembre a oggi – ha ricordato De Micheli nell’intervista iniziale – sono stati spesi 11 miliardi per garantire la crescita del settore. E abbiamo un piano di investimenti di 200 miliardi in 15 anni. Ma la sfida è trasformare gli stanziamenti in cassa che arrivi ai cantieri. L’altra sfida è ridurre i tempi per la realizzazione delle grandi e piccole opere: nel prossimo decreto proporremo una semplificazione generale per arrivare a un dimezzamento dei tempi tra il progettare e il collaudare». I cambiamenti più immediati arriveranno già dal 4 maggio, quando l’intero settore della mobilità dovrà essere pronto per far viaggiare in sicurezza i lavoratori. «Non si potrà tornare alle abitudini di prima – ha sottolineato Gibelli – con i picchi di lavoratori che si spostano per andare e tornare dal lavoro. Bisogna dialogare con il sistema produttivo perché gli orari possano cambiare, essere più diluiti. Anche perché pensare a un distanziamento sociale sui mezzi non è possibile e interpretare il metro di distanza in maniera giuridica porterà alla catastrofe del sistema, con mezzi che possono essere riempiti fino al 50%». Per questo Pasini parla di «nuovi comportamenti per i propri dipendenti fuori e dentro le imprese, in modo da poter far ripartire il motore economico della Lombardia e dell’Italia. E, soprattutto, per ridare quella fiducia necessaria per far ripartire il commercio e i consumi. Oltre a un’Europa forte che non lasci indietro nessuno». Per il rettore Resta bisogna riuscire a trovare un equilibrio tra il numero di persone che possono uscire in sicurezza e i posti in terapia intensiva a disposizione: «Per riorganizzare il sistema in quest’ottica, all’Italia bastano i prossimi 5 mesi: se riusciremo a portare avanti la dematerializzazione della pubblica amministrazione, se capiremo il valore dello smart working, se riusciremo a velocizzare il settore delle infrastrutture, riusciremo ad avere una fase 3».
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