Aggiornato il: — 5/05/20
È da cinque anni che il paese guidato da Xi Jinping si impegna nella cooperazione sulla salute quando stipula accordi internazionali come la Via della seta. Ma con poca trasparenza e tutto sembra ricondurre a un’abile strategia commerciale.
Le vie della seta sono infinite. Corrono per mare e per terra, per via aerea e sottomarina, attraversano i deserti e fendono i ghiacci, passano per gasdotti, oleodotti e reti internet. E oggi, nel bel mezzo della prima pandemia del mondo globalizzato, arrivano anche negli ospedali e nei laboratori medici dei paesi partner. La Cina è disposta a collaborare per contribuire alla cooperazione internazionale nella lotta all’epidemia e alla costruzione di una Via della seta della salute (Health Silk Road). Anche con l’Italia: è questo il succo del messaggio del presidente cinese Xi Jinping in una conversazione telefonica con il primo ministro italiano Giuseppe Conte del 16 marzo scorso. Quello che sembra un intento genuinamente cooperativo è in realtà parte di una ben più strategica “diplomazia delle mascherine” , volta da un lato a mostrarsi indispensabile a combattere la pandemia, dall’altro lato a ripulirsi dalle responsabilità iniziali della mancata trasparenza.
Salute e farmaci sulla Via della seta
Infatti, la Health Silk Road non è una cosa nuova. L’idea di una cooperazione sanitaria risale al 2015, quando fu menzionata nel Piano triennale per l’attuazione della Belt and Road Initiative Health Exchange and Cooperation (2015-2017) come obiettivo a breve e medio termine. Essa è volta a facilitare la comunicazione tra i paesi per prevenire e controllare le malattie infettive, creare una piattaforma per servizi sanitari adeguati e per l’industria sanitaria, facilitare la formazione del personale e la ricerca medica e sviluppare l’assistenza internazionale. Si tratta dunque di una delle molte estensioni retoriche della Belt and Road Initiative (Bri).
Scopri di più da Rivista Fiscale Web
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.