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Recupero IVA su fatture inesigibili con la nota credito IVA.

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#pinomerola

Nota credito IVA: si ripropone in maniera quanto mai attuale – per la crisi economica ormai quadriennale- la necessità di recuperare l’IVA sulle fatture emesse ma non pagate dai clienti, divenute poi di fatto crediti inesigibili.

Ai sensi dell’art. 26 co. 2 del DPR 633/72 è possibile emettere nota credito IVA per il recupero dell’IVA esposta in fattura ‘che ha dato luogo al sorgere del credito divenuto poi inesigibile per mancato pagamento totale o parziale del medesimo.’

Ciò ovviamente quando il credito è rimasto inesigibile a seguito di infruttuose procedure concorsuali, quali il concordato preventivo,il fallimento e ndr) le nuove forme della liquidazione giudiziale e della ristrutturazione dei debiti aziendali (previste dalla Legge n. 3 del 2012 – come modificata dal dl 179/2012) che si affiancano alle consolidate procedure di fallimento e concordato preventivo.

Il problema sostanziale, in questi casi è il momento in cui il cedente potrà recuperare l’IVA esposta in fattura (già corrisposta all’Erario) con l’emissione al debitore della NOTA CREDITO IVA o VARIAZIONE IVA.

La legislazione di merito non aiuta chi ha già pagato l’IVA SENZA INCASSARE NULLA.

Con la crisi ciò è diventato un problema finanziario di notevole riguardo, in quanto ad esempio, su fatture emesse nel 2013 per 100.000 euro oltre IVA, che hanno generato un credito verso clienti per 122.000 euro, poi divenuto inesigibile, non esiste norma che permetta l’immediato recupero quantomeno dell’IVA già versata all’erario per 22.000 euro.

Per poter emettere la NOTA CREDITO IVA PER VARIAZIONE – che consente di recuperare in compensazione orizzontale l’IVA dalle fatture inesigibili – occorre la cosidetta acclarata “infruttuosità”.

La Circolare 77 del 17.04.2000 ha spiegato che è possibile – per il creditore – emettere la nota credito IVA, a fronte di un credito inesigibile, quando si sia verificato il requisito dell’infruttuosità.

L’Agenzia delle Entrate con la circolare suddetta ha chiarito che l’infruttuosità si verifica:

– per fallimento del debitore, alla data in cui il piano di riparto diviene esecutivo per mancata opposizione dei creditori (ai sensi dell’art 181 della L.F.);

– per adesione al concordato preventivo, in cui il nostro credito è ovviamente falcidiato, alla data della sua omologazione valutata solo in relazione ai creditori chirografari.

In attesa di sapere con certezza quando sia possibile recuperare l’IVA pagata allo Stato ma non ricevuta dal cliente, una interpretazione logica potrebbe essere questa:

– in occasione del recupero del credito in maniera ridotta in seguito alla procedura di composizione della crisi, la nota credito IVA potrebbe essere emessa a decorrere dalla data di emanazione del decreto di omologa da parte del giudice (art. 12 L. 3/2012);

– per il credito ridotto a seguito di procedura di liquidazione giudiziale, il momento di emissione della nota credito IVA dovrebbe coincidere con l’accertamento della completa esecuzione del programma di liquidazione con il decreto di chiusura della liquidazione stessa (articolo 14-novies, comma 5).

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Visti i tempi biblici in cui è POSSIBILE recuperare ope-legis quanto pagato  all’Erario a titolo di IVA, soprattutto quando il credito ricade in procedure concorsuali contro il debitore, si ritiene occorra un intervento normativo immediato proprio per la crisi in atto:

E’ ATTUALMENTE ECCESSIVO il tempo che intercorre tra il pagamento dell’IVA – ALL’ERARIO –  sulle fatture poi divenute inesigibili  e la possibilità di emettere NOTA CREDITO per il recupero dell’imposta pagata in compensazione verticale.

Una soluzione logica e giusta potrebbe arrivare da un provvedimento che consenta di emettere la nota credito IVA ─ interlocutoria ─ dopo 180 giorni dalla scadenza infruttuosa del proprio credito, lasciando esposto il creditore alla sola quota imponibile.

Successivamente alla chiusura definitiva della procedura concorsuale sia di fallimento che di concordato preventivo, ri-fatturare quanto ricevuto per il solo ri-addebito dell’IVA che ovviamente si ripagherà allo Stato, ma questa volta avendola già incassata.

Facendo un banale esempio:

Se il 1° ottobre 2013 emettiamo fatture per 100.000 euro oltre IVA al 22% nei confronti di un cliente con scadenza 1-12-2013 per un importo quindi di 122.000 euro da ricevere entro 60 giorni, e dopo 180 giorni dalla scadenza della fattura(ossia entro il 1-6-2014) non ne riceviamo il pagamento anche dopo formale sollecito legale, sarebbe giusto che il cedente potesse emettere una nota credito IVA con cui andrà a recuperare almeno i 22.000 euro di IVA non incassata (ma pagata all’Erario); lasciando esposto il cessionario al suo debito solo per la sola quota imponibile.

Alla fine della procedura, sia di fallimento che di concordato preventivo si potrebbero prevedere i seguenti casi:

– Il creditore non ottiene nulla. In questo caso si dovrà solo registrare, in conto economico, la perdita su crediti ormai certa per 100.000 euro, avendo già recuperato l’IVA in precedenza.

– Il creditore ottiene, con il concordato preventivo il 40% del suo credito. In tal caso basterà emettere una nota di addebito IVA da calcolare su 40.000 euro e una nota di accredito per il solo imponibile pari al 60% del credito originario escluso IVA. Con tale procedura di recupero intermedio, il cedente non è lasciato alla mercé dei cattivi pagatori, dovendo anche corrispondere, comunque, allo Stato sia l’IVA FATTURATA sia le imposte dirette sul RICAVO O PRESTAZIONE PER COMPETENZA.

Riteniamo estremamente dannoso finanziariamente per il contribuente pagare l’IVA nel 2013 e poterla recuperare solamente dopo due anni, ossia al termine delle procedure concorsuali che ne decretano l’infruttuosità.

Ovviamente laddove non si innesca una procedura concorsuale, ma si agisce con decreto ingiuntivo, la procedura di recupero dell’IVA sarà più veloce, L’infruttuosità sarà stabilita dal tribunale in pochi mesi.

Ricordiamo che su 100.000 di fatturato, con un credito da recuperare per 122.000 euro, le imposte da versare sono pari a 22.000 euro per IVA, a 27.500 per IRES, oltre al 3900 euro di imposta sulle attività produttive IRAP.

Un provvedimento del genere sarebbe un notevole sgravio d’imposte per le aziende virtuose:

* soprattutto con una pressione fiscale alle stelle come è quella italiana sembra pazzesco far pagare imposte su soldi non incassati.

Un credito inesigibile (potendo emettere nota di ACCREDITO IVA e registrare la perdita su crediti dell’importo in esempio) in realtà ci costerebbe 100.000 – 22.000 – 27.500 – 3.900 = 46.600 euro.

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