Il nuovo accertamento esecutivo o riscossione accelerata, che è stata introdotto con il D.L. N. 78/2010 convertito in L. n. 122/2010, ha senz’altro rivoluzionato lo scenario tributario, introducendo il principio di concentrazione dell’attività di accertamento e di riscossione.
L’operatività della norma e, pertanto l’esecutività dell’atto di accertamento, si riferisce a tutti quelli emessi a decorrere dal 1° Ottobre 2011 e relativi i periodi di imposta in corso al 31 Dicembre 2007 e successivi.
La riscossione accelerata, prevede quindi, che, dalla notifica dell’accertamento, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni per adempiere all’intimazione di pagamento, il contribuente sarà assoggettato, senza bisogno di ulteriori avvertimenti, alle azioni esecutive ad opera dell’agente di riscossione. Invero, l’art. 29, comma 1, lett. c), D.L. 78/2010, prevede, il potere dell’Amministrazione finanziaria, di affidare l’incarico all’Agente della riscossione, per il recupero delle maggiori imposte, interessi e sanzioni, subito dopo il decorso del sessantesimo giorno dalla notifica dell’atto di accertamento. La compenetrazione tra accertamento e riscossione viene formalmente realizzata con l’introduzione nella struttura dell’atto “impoesattivo” dell’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento, entro il termine di presentazione del ricorso delle somme ingiunte e dell’avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme intimate, in deroga alle disposizioni delle iscrizioni a ruolo, è affidata in carico al Concessionario anche ai fini dell’esecuzione forzata.
Alla luce delle suesposte argomentazioni risulta chiaro che l’atto di accertamento assume una duplice e specifica connotazione: da un lato incorpora l’attività di accertamento dell’imposta aggregandola alla intrinseca forza esecutiva del procedimento di riscossione.
Cosi, attesi gli effetti dell’ impoesazione, che si riverberano direttamente sulla sfera patrimoniale del contribuente, è fondamentale, anche ai fini del perfezionamento dell’atto finanziario, renderlo noto al destinatario attraverso idonee misure.
La fase procedurale della notificazione dell’imposizione fiscale, nell’ambito del procedimento di riscossione a mezzo ruolo, riveste un momento di notevole importanza, posto che dal momento in cui, l’atto finanziario, entra nella sfera di conoscibilità del contribuente, si impone, prodromico, al procedimento cautelare di garanzia del credito vantato dall’ amministrazione finanziaria.
Vieppiù, dal momento in cui il procedimento notificatorio si perfeziona nei confronti del contribuente, per quest’ultimo, conosciuta l’imposizione, cominciano a decorrere i termini per il pagamento dell’ingiunzione e/o per la proposizione del ricorso.
Leggendo attentamente il 1° comma dell’art. 29 della normativa in esame, emerge un dato di rilievo in tema di notificazione degli atti di cui trattasi. Invero, pur senza espressa menzione, l’art. 29, 1 comma, riconduce la disciplina della notifica degli avvisi di accertamento con valenza esecutiva nell’ambito dell’art. 60 D.P.R N. 600/73.
Occorre ricordare, che tra le misure di conoscenza, la notificazione si distingua dalla comunicazione, in quanto nella prima il contatto tra l’autore dell’atto e il suo destinatario avviene per il tramite di un soggetto terzo all’uopo specificamente abilitato a svolgere l’attività di intermediazione fungendo da vero e proprio agente della notificazione, mentre nella comunicazione è lo stesso autore dell’atto che contatta il suo destinatario.
Ciò posto, Il legislatore, a norma dell’art. 60 DPR N. 600/73, ha inteso disciplinare nel dettaglio le modalità con cui l’ufficiale giudiziario deve effettuare la notificazione di un atto tributario rivolto al contribuente.
Evidente che il legislatore, oltre ad individuare chiaramente i soggetti legittimati alla notificazione dei ridetti atti di accertamento indica anche, l’attività che, il messo notificatore, deve espletare per un corretto perfezionamento del procedimento notificatorio.
La citata novella prescrive, l’imprescindibile attività, a carico del messo notificatore, di compilazione della relata di notificazione, individuando in maniera inequivocabile l’ubicazione della medesima, perché essa possa assolvere allo scopo per cui è preordinata.
Occorre, in questa sede, fare però un distinguo, tra avviso di accertamento con valenza esecutiva, quale documento finanziario primario e, “gli atti successivi”, da notificare al contribuente, rideterminativi degli importi dovuti in base all’avviso primario, che presuppongono, la previa esistenza e notificazione dell’atto preliminare e prodromico. “Gli atti successivi” a norma dell’art. 29, 1 comma, lett. a), possono essere notificati anche “mediante raccomandata con avviso di ricevimento”.
La disposizione, non avrebbe senso se fosse vero, che per ogni atto finanziario fosse consentita la notifica per tramite del servizio postale. Invero, il Legislatore ribadendo, la novella contenuta nell’art. 60 DPR N. 600/73, ha voluto escludere l’ammissibilità dell’invio diretto per posta del primo avviso di accertamento con valenza esecutiva proprio in ragione della sua prioritaria portata con diretta incidenza sul versante dell’esecuzione coattiva, che postula in ogni caso l’esistenza di una notifica ritualmente effettuata di tale atto, consacrata da una relata di notifica redatta a norma di legge con valenza probatoria fino a querela di falso, in grado di offrire garanzia all’amministrazione finanziaria e al destinatario dell’atto.
Nel rimarcare, la natura sostanziale dell’avviso “impoesattivo”, si può pertanto addivenire alla conclusione che la notificazione dell’atto primario può avvenire :
a) nelle mani proprie ;
b) presso il suo domicilio fiscale;
c) presso il suo domiciliatario eventualmente indicato;
d) a mezzo del servizio postale.
La notifica può essere eseguita anche per tramite del servizio postale, a condizione che non esistano specifici divieti a norma della legge n. 890/1982. Invero, l’amministrazione finanziaria può avvalersi dell’ausilio di messi speciali autorizzati e/o dell’ufficiale giudiziario e/o del messo comunale, per compiere la notifica dell’atto tramite posta. La forma di notificazione a mezzo posta si avvale della cooperazione di due soggetti distinti:
All’ufficiale giudiziario spetta la fase preliminare della consegna dell’atto all’ufficio postale, dopo aver assolto gli obblighi di legge; all’ufficio postale compete invece la consegna dell’atto da effettuare secondo le disposizioni dettate dagli artt. 7 e 8 della L. 890/1982.
La relazione di notificazione certifica l’attività del notificatore ed è l’unica fonte di riscontro, con la conseguenza che “… le risultanze di detta relazione non possono essere interpretate o integrate successivamente” (Corte di Cassazione sentenze nn. 9217/1995; 5305 /1999 e 11315/2000).
La prima attività compete all’ufficiale giudiziario, il quale “… dopo aver scritto in calce all’atto, la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia, facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento la consegna all’ufficiale postale”. In riferimento a tale attività la giurisprudenza più volte ha sancito la necessaria compilazione della relata di notificazione in caso di spedizione a mezzo posta (cfr. Comm. Trib. Centr., sentenza 385/03; Comm. Trib. Prov. Torino, sez. XIV, sentenza n. 13/03; CTP Salerno, sez. XV, sentenza n. 291/03).
Alla luce di quanto fin ora rilevato emerge chiaramente che l’osservanza delle previsioni legislative di cui alla L. n. 890/1982 e dell’art. 60 d.P.R. 600/1973 sulla relazione di notificazione, dell’atto di accertamento, è attività indispensabile.
Su tale modalità, di notifica e di compilazione della relata, è recentemente intervenuta anche la Corte di Cassazione, Sez. V, sentenza del 21 marzo 2007, n. 6750 la quale tanto ha statuito: “… va premesso quanto stabilisce l’art. 148 c.p.c. – il cui testo pienamente coincide con quello dell’art. 60 d.P.R. 600/1973 – e cioè che “l’Ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notifica mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto”; che tale previsione è dettata a presidio dell’attività di notificazione degli atti, ossia alla regolare consegna di copia integrale degli stessi, in osservanza del principio della loro consegna in conformità all’originale; che proprio la regolare osservanza del principio della loro consegna in conformità all’originale; che proprio la regolare osservanza delle prescrizioni formali, imposte dalla legge all’Ufficiale giudiziario, in funzione del principio di ricezione, è il fondamento degli effetti che dalla notificazione scaturiscono (decadenza del diritto di impugnazione); che la relazione, che la legge vuole sia apposta solo in calce alla copia dell’atto notificato, e non in qualsiasi altra sede “topografica”del documento, ha la funzione, garantistica, di richiamare l’attenzione dell’Ufficiale giudiziario alla regolare esecuzione dell’operazione di consegna della copia conforme all’originale dell’atto; che solo la regolare esecuzione di un tale adempimento conferisce fede privilegiata alla relazione redatta dal Pubblico Ufficiale.”
Risulta evidente che il mancato rispetto delle formalità non offre garanzia che la consegna dell’atto di accertamento sia avvenuta nella sua integralità e, di conseguenza, non comporta il prodursi dell’effetto giuridico ad esso conseguente, onde deve dirsi nulla la notifica così eseguita, ai sensi dell’art. 156, II comma c.p.c., perché “l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo…”. Vieppiù, la notifica che manchi totalmente degli estremi e dei requisiti essenziali per la qualificazione come atto normativo, cioè, non solo sia inidonea a produrre gli effetti processuali propri degli atti riconducibili al corrispondente istituto, ma addirittura, non sia suscettibile di considerazione sotto il profilo giuridico e pertanto non sanabile a norma dell’art. 156, 3° comma, c.p.c. . In conclusione, è conclamata la rilevanza giuridica dell’atto “impoesattivo”, la cui recettizietà, ravvisa nella notifica, non una condizione di efficacia, di un atto già perfetto, ma una componente intrinseca per il perfezionamento dell’atto di accertamento stesso, il quale in mancanza di essa, per l’appunto, non può dirsi perfezionato e venuto ad esistenza.
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